L’egemonia Disney sulla cinematografia del ventunesimo secolo #2

Quando un film diventa un brand. “Perdita di un amore”

Il ventunesimo secolo

Il castello Disney
Il castello Disney

Nell’articolo precedente vi abbiamo fornito gli elementi utili al fine di contestualizzare il recente passato di alcuni film, che oggi sono diventati brand, e i temi su cui vogliamo esprimere la nostra critica. Dopo questo preambolo storico-culturale lungo trent’anni, saltiamo sulla cabina blu e voliamo direttamente all’anno 2000. La saga di Star Wars si arricchisce con episodio I, II e il III e, ultimo, The revenge of the Sith nel 2005. Sebbene per Lucas le nuove tecnologie rendano al meglio il suo prodotto sul grande schermo, i nuovi episodi non hanno lo stesso impatto dei precedenti. I seguaci di Star Wars non possono ovviamente mancare e anche i più piccoli, che non conoscono i vecchi episodi, iniziano a diventare fan di un brand che, in particolare nell’episodio II, ha davvero poco da dire se non renderlo ancora più politico dei precedenti.

Purtroppo, come per tutte le cose che funzionano nonostante non abbiano nulla da dire se non trascinare dietro di sé un marchio che porta denaro, i nuovi film ottengono un enorme successo di pubblico. I pochi che sentono tradita la vecchia trilogia muovono critiche sul cast e sulle scelte fatte da Lucas ma non possono fare nulla di più. Il successo c’è e la gente ne vuole ancora di questo Star Wars. Così la Disney inizia a farci un pensierino.

Lord Sith della saga di Star Wars
I Lord Sith della saga di Star Wars

Indiana Jones

Indiana Jones, Spielberg e Ford sul set
Indiana Jones, Spielberg e Ford sul set

Siamo nel 2009. L’ennesima collaborazione tra la regia di Spielberg e la scrittura di Lucas danno vita al quarto episodio della saga dedicata all’archeologo più famoso del mondo. Grandi e piccini tornano al cinema per vedere il nuovo Indiana Jones e il segreto del teschio di cristallo. Una sceneggiatura per bambini. Un flop per gli amanti del genere avventura. Il personaggio tanto amato degli anni ‘70 interpretato da Harrison Ford con l’aggiunta di un figlio, avuto da una delle sue compagne in uno degli episodi precedenti e del quale mai aveva avuto notizie. Ma, mentre siamo di fronte ad uno spostamento temporale di quasi trent’anni, la situazione politica è rimasta quella degli anni ‘30: i nazisti stanno ancora cercando di recuperare le reliquie sacre per ottenere il potere e governare il mondo. Sebbene un po’ di originalità in più non sarebbe guastata, il rischio di attualizzarlo sarebbe stato deleterio. Allora forse sarebbe stato meglio lasciarlo lì, nel reliquiario dei prodotti più belli del cinema degli anni Ottanta. Ma purtroppo non è finita qui. Lucas vende la LucasArts alla Disney nel 2012 che ora mette – ironicamente – finalmente in produzione, insieme a nuovi episodi Star Wars, il quinto episodio di Indiana Jones.

Il quarto episodio, Il segreto del teschio di cristallo, è stato creato sull’onda del successo dei vecchi film, senza alcuna lode. La volontà di produrre un quinto è invece frutto di un utile generato da un brand ai botteghini, che porta i nativi fruitori del genere a seguire un vecchio idolo – e a restare delusi – e le nuove leve a vedere un film che ha con sé un bagaglio troppo retrò dal punto di vista socio-culturale. Anche Lucas di certo non è un santo ma la volontà di non vedere congelate le sue creazioni lo ha portato a cedere tutto a chi avrebbe continuato a utilizzarle, sfruttandole per spin off, serie tv e grandi film. E, in un periodo sempre più di successo per serie tv e film ad episodi, per il box office un brand del calibro di Indiana Jones significa soldi: non per Netflix, non per Amazon Prime, ma per le grandi produzioni cinematografiche. Ma chi sono ora le grandi produzioni cinematografiche?

L’egemonia Disney

Giunti nella seconda decade del ventunesimo secolo, con nuove generazioni di fan al seguito del nuovo Star Wars che, oltre ai nuovi film, va in produzione con una animated series e uno spin off, Rogue One, possiamo osservare nitidamente come le trame Disney abbiano invaso una cospicua parte dei film che escono nelle sale e non solo.

Molti di noi amano la Disney perché da piccoli sono cresciuti con i loro cartoni. Un capolavoro come Fantasia del 1940, come il successivo Fantasia 2000 del 1999, hanno animato i sogni di grandi e piccini. I film d’animazione, così come i cartoni generati dai fumetti Disney, hanno regalato per tutto il XX secolo immagini indelebili e canzoncine che nessuno smette mai di ricordare.

Senza negare il grande merito della Disney di crescere le nuove generazioni con ottimismo e dolcezza, non possiamo però ignorare un altro aspetto. Dai cartoni animati ai film, le produzioni Disney finiscono sempre con un lieto fine. E nei nuovi Star Wars, gli stormtroopers imperiali che un tempo erano un’infinita legione di cloni, ora sono tutti diversi. Gli hanno messo nuove divise, dato nuove armi, ma la loro identità viene comunque celata da un casco per evitarci il trauma del soldato ucciso in combattimento. La redenzione è alla base di ogni personaggio, buono o cattivo che sia, che alla fine riconosce i propri errori. Ma se anche i cattivi diventano buoni che gusto c’è? In ogni caso lo stormtrooper ribelle non ha nulla dello stormtrooper originale.

Il futuro della cinematografia

Disney Product Placement
Disney Product Placement

Ora che la Disney ha acquistato gran parte del mercato occidentale con, come ciliegina sulla torta, la XXI Century Fox con tutto il suo pacchetto di prodotti, il futuro dell’originalità è a rischio. Dopo aver acquisito la Pixar nel 2006, l’universo Marvel nel 2009, la Sony, la Paramount, la LucasArts ltd nel 2012 – e la lista non finisce qui –, credo andremo incontro a produzioni sempre più piatte, a lieto fine, corroborate da sorrisi, abbracci e lacrime. Il cattivo viene evidenziato come la pecora nera in un gregge di pecore bianche, il buono viene vestito di azzurro e messo in sella a un maestoso cavallo bianco, o a una Lamborghini. Il sesso non esiste.

Il cattivo perde tutto. Il buono ottiene tutto. Il cattivo si redime. E vissero tutti felici e contenti.

Ma questa non è la realtà, queste sono le favole Disney e l’iter che seguono è sempre più rigido, mummificando persino il più creativo tra i bambini che alla fine del film può scegliere tra essere buono, oppure essere cattivo senza però poter far male a nessuno perché in fondo è buono. Uno schema che funziona alla perfezione nei cartoni Disney che per decenni hanno cresciuto generazioni di bambini, offrendo una visione ottimista ed edulcorata della vita; un sistema che, invece, nei film, non può portare ad esiti originali ed innovativi, offrendo sempre versioni di una stessa storia.

Stiamo davvero andando verso un cinema dove le storie diventeranno tutte sostanzialmente uguali tra di loro? Forse in realtà per alcuni versi ci siamo già.

A New Hope era il titolo di Star Wars episodio IV e forse questa speranza è quella che il cinema riesca ancora a contribuire con dei prodotti originali, magari indipendenti, in grado di allontanarsi dalla sterilità e dalla ridondanza di prodotti già visti.

Star Wars IV - A New Hope, 1977
Star Wars IV – A New Hope, 1977

 

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