La nascita della poesia: Enheduanna

Enheduanna, una poetessa alla corte di Sargon

Disco di Enheduanna
Disco di Enheduanna, raffigurante la sacerdotessa durante una cerimonia religiosa

In un’epoca come la nostra, in cui si è fatto della parità dei sessi una bandiera dietro cui schierarsi, è divertente scoprire che il primo poeta mai esistito fu una donna. Già, perché se l’arte è sempre stata dominata dagli uomini, Enheduanna rivendica alle donne il ruolo di fondatrici della poesia.

Fu infatti Enheduanna il primo poeta a firmare i propri componimenti, trasmettendo così al mondo, nei secoli, il proprio nome.

Certo, è anche vero che Enheduanna non era una donna come le altre. Era la figlia del re Sargon, il fondatore della dinastia Akkad, sovrano sumero che dominò sulla Mesopotamia e su parte dell’Anatolia dal 2335 al 2280 a.C.. Come sempre quando il tempo traccia la distanza tra noi e ciò che vogliamo scoprire, la storia di questa stirpe reale è mescolata al mito: si narra infatti che Sargon fu partorito in gran segreto e che poi la madre lo abbia messo in una cesta affidata al fiume Eufrate.

Nonostante queste origini quasi mitologiche, Sargon esistette realmente. Ebbe quattro figli maschi e una femmina, Enheduanna, il cui nome significa “ornamento della dea”, nata intorno al 2285 a.C. Quando raggiunse l’età adulta, Enheduanna fu consacrata al dio Nanna, il dio della Luna, e divenne somma sacerdotessa del tempio di Ur. Questo matrimonio divino faceva parte dei disegni politici di Sargon, essendo necessaria una legittimazione celeste del suo potere politico. In questo modo Enheduanna si trovò a ricoprire non solo il ruolo di sacerdotessa, ma anche quello di mediatrice politica del regno accadico, diventando un forte appoggio per il padre come anello di congiunzione tra uomo e divinità.

Enheduanna era votata al culto di Nanna, ma lei sentì molto vicina anche la dea Inanna, figlia del dio Nanna. Questa dea fu celebrata da Enheduanna nella sua duplice veste di dea e donna, di divino e umano, fino al punto che nell’immaginario comune non c’era più differenza tra Enheduanna e Inanna. A questa dea è dedicata l’opera più famosa di Enheduanna, Signora di tutti i Me, un componimento poetico di 153 versi scritti in sumerico che ci racconta la fuga della poetessa dalla città di Ur e il suo esilio in seguito all’usurpazione del regno del padre da parte di Lugalzaggesi.

In questo componimento, Enheduanna parla di sé aprendoci a tutte le emozioni che gli eventi in cui si è trovata coinvolta le hanno provocato. È una donna, con le sue debolezze e le sue fragilità, che cerca nel suo contatto con la dea Inanna una speranza di riscatto per la sua famiglia e la sua terra. Quando l’usurpatore la allontana dal tempio, queste sono le parole di Enheduanna, che trasmettono tutta la sua sofferenza:

…Io, colei che qualche volta si sentì trionfante
Fui scacciata dal santuario,
Come una rondine
Mi fecero volare via dalla finestra,
E la mia vita si consumò…

Esiliata, la principessa invoca la sua dea per poter tornare a ricoprire il suo ruolo di sacerdotessa, e le sue preghiere vengono ascoltate. L’usurpatore è cacciato, torturato e ucciso, e Sargon torna a dominare il regno, La poetessa ringrazia la sua dea, figlia del suo sposo divino Nanna:

…La più grande signora nello splendore della sala del trono
Ha accettato le sue offerte,
Nel cuore di Inanna è stata restaurata.
Il giorno fu favorevole con lei,
era vestita per far risaltare la sua bellezza,
era vestita sontuosamente come una Signora.
Come luce di luna crescente, era abbigliata
Quando Inanna apparve in questa visione.
Tutti benedissero Ningal, la madre di Inanna
Tutti i celesti gridarono “Salve”…

Purtroppo la vita della principessa non fu facile neanche dopo questo tragico evento. Finalmente al sicuro tra le mura del suo santuario, Enheduanna sperava di poter tornare alla sua vita dedicata agli dei, ma alla morte del padre la sua tranquillità fu sconvolta ancora una volta. Dovette assistere impotente alla morte di due dei suoi fratelli, e poi la terra fu scossa da un terremoto che fece tremare anche i cuori dell’antico regno di Sargon. La vita da principessa era più complicata di quanto noi possiamo immaginare, e questi dolori si ritrovano nelle sue poesie. La giovane donna che in origine parlava di amore, ora si trovava a confrontarsi con sentimenti più duri e forti: il dolore dell’esilio, il lutto, la perdita. Tutto questo troviamo nella sua poesia.

Una poesia fatta come lei, un punto di contatto tra uomo e dio, ma con una fede che la porta sempre a esaltare la sua Inanna. Da qui nasce Signora di tutti i Me; i Me erano dei sigilli che contenevano incantesimi necessari a far fiorire una civiltà. Nella leggenda, la dea Inanna aveva con l’astuzia sottratto i Me, e per questo motivo era diventata la dea per eccellenza.

L’incipit dell’opera ci fa capire subito il potere di questa grande dea:

Signora di tutti i Me
Risplendente di luce,
Donna virtuosa, vestita dello splendore divino
Amata dal Cielo e dalla Terra
Prediletta di Anu (dio del Cielo),
Tu sei grande su tutti i sigilli.
Tu che ami la corona perfetta
Per la somma sacerdotessa
Resa potente da tutti i sette Me.
O mia Signora, tu sei la custode di tutti i grandi Me!
Tu che hai preso i Me,
Tu che hai tenuto i Me nelle tue mani.
Tu hai riunito i Me,
Tu li hai tenuti stretti al tuo petto.
Come un drago tu scagli veleno sulla terra dei nemici.
Quando tu ruggisci come il dio della Tempesta,
La vegetazione non può resisterti.
Come un diluvio discendi dalla montagna.
Tu sei la Suprema in Cielo e in Terra,
Tu sei Inanna!

 

La prima poetessa della storia, la prima a firmare le proprie opere, parlava dei sentimenti, della vita e della religione. Un’impresa ardua ma molto vicina a ciò che fanno ancor oggi gli artisti: cercare un contatto più profondo con la realtà, con l’interiorità e con l’invisibile. Una donna di ieri che si fa modello ancora oggi.

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