Arte in mostra: Antonello da Messina

L’arte di Antonello: dalla Sicilia a Milano

Mostra: Antonello da Messina
Dal 21 febbraio al 2 giugno 2019, Palazzo Reale, Milano.

Antonello da Messina, Annunciata, 1475-76
Antonello da Messina, Annunciata, 1475-76

La mostra che dal 21 febbraio occupa le sale di Palazzo Reale a Milano rientra nel filone dedicato ai grandi artisti che hanno cambiato la storia con le proprie opere, in un percorso che già da lungo tempo è stato intrapreso dalla sede espositiva lombarda.

Diciannove opere dell’artista messinese si snodano tra le sale, accompagnate da pause che lasciano il dovuto respiro tra un quadro e l’altro, insieme ai taccuini con appunti e schizzi di Giovan Battista Cavalcaselle, lo storico dell’arte ottocentesco a cui si deve non solo la riscoperta di Antonello da Messina, ma anche la corretta attribuzione di molti quadri che prima non gli si riconoscevano.

La vita di Antonello

Antonello da Messina, pur rientrando di diritto tra i grandi artisti rinascimentali, costituisce un unicum nel panorama italiano. Nato intorno al 1430, studia a Napoli presso Colantonio, il maestro da cui apprende la cura quasi miniaturistica dei dettagli. Questa attenzione, unita poi alle grandi innovazioni in ambito ritrattistico, avvicinano Antonello all’arte delle Fiandre. Vasari, nel ricamare sulla vita dell’artista messinese, narra che avesse conosciuto Jan van Eyck; cosa impossibile visto che Antonello da Messina aveva solo 11 anni al momento della morte del maestro fiammingo, ma elemento che evidenzia la stretta relazione tra Antonello e l’arte delle Fiandre.

Dopo soggiorni in Italia centrale, intorno al 1474 Antonello è a Venezia, dove incontra Giovanni Bellini. Nella città lagunare Antonello viene colpito e influenzato dal colorismo veneto, e a sua volta influenza l’arte lagunare con il suo nuovo stile ritrattistico.

Morirà nel 1479, nella sua Messina a cui costantemente tornava tra un viaggio e l’altro. Lascerà dietro di sé molte innovazioni: fu infatti il primo artista italiano a usare la pittura a olio; fu il primo a creare la ritrattistica psicologica; fu il primo a descrivere dettagliatamente le scene in quadretti piccolissimi ma accuratissimi. Un artista molto più avanti del suo tempo che per secoli sconvolgerà gli storici dell’arte, che non sapranno dove collocarlo, finché Cavalcaselle non gli riconoscerà il giusto merito.

La mostra

Roberto Venturi, Giovanni Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello, 1870
R. Venturi, G. Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello, 1870

Il percorso espositivo si apre con un’opera che non è di Antonello da Messina, ma ci racconta la grande fama di questo artista: Giovanni Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello (1870) di Roberto Venturi. Questo quadro, che non arriva ovviamente al livello delle opere esposte successivamente facendo risaltare ancor di più la maestria di Antonello, è un vero e proprio documento storico: ci racconta infatti della grande innovazione della pittura a olio, che prima del messinese non aveva mai messo piede in Italia, limitandosi all’arte d’oltralpe. Da questa prima opera il visitatore viene messo “in guardia”, avvisato che si trova davanti a un artista che ha cambiato le regole di tutta l’arte a lui successiva.

 

 

Antonello da Messina, San Gerolamo nello studio, 1475 circa
Antonello da Messina, San Gerolamo nello studio, 1475 circa

Proseguendo nel percorso, si trova finalmente Antonello da Messina. Una delle prime opere è San Gerolamo nello studio (1475 circa), attestante l’affinità stilistica tra il messinese e la pittura fiamminga; non solo l’uso della pittura a olio, ma anche la cura miniaturistica rendono questo piccolo quadretto figlio, da una parte, degli insegnamenti ricevuti a Napoli da Colantonio, dall’altra dell’attenzione per i grandi maestri fiamminghi che stupivano il mondo con le loro opere. A questa cura tutta nordica, si aggiunge il sapiente uso della prospettiva, che crea una sorta di quinta teatrale che inquadra la scena, rendendola piccola parte di un mondo più grande, che intravediamo dalle finestre sullo sfondo.

 

La mostra si concentra poi sul tema della ritrattistica. Infatti nel ‘400, il genere classico del ritratto era molto diverso: prendendo spunto dalla medaglistica, i soggetti venivano ritratti di profilo, con la testa alta, lo sguardo fisso e fiero, nessuna espressione particolare. i personaggi venivano idealizzati, correggendo i piccoli o grandi difettucci fisionomici. Antonello crea invece qualcosa di molto diverso. Parte anche in questo caso dall’arte fiamminga, derivandone la posizione di tre quarti, ma la arricchisce: lo sfondo è quasi sempre scuro se non nero, per creare un contrasto luministico che accentui l’importanza del volto e dello sguardo. I personaggi, descritti minuziosamente, sono spesso dietro un parapetto ligneo che crea una quinta prospettica, e hanno espressioni molto personali. Lo vediamo nelle opere esposte: Ritratto d’uomo (1470 circa) ci mostra una figura con sguardo furbo e sorriso malizioso; Ritratto di giovane (1474) rappresenta invece un ragazzo un po’ tonto, almeno a giudicare dallo sguardo e dalla camiciola che spunta dal mantello annodato male; il Ritratto Trivulzio (1476) ci mostra un uomo austero, severo e sicuro di sé.

Oltre ai ritratti, l’esposizione milanese narra anche un’altra tematica molto trattata da Antonello: le opere religiose. Tra i quadri che si annoverano in questa categoria troviamo una Crocifissione (1465) giovanile, in cui lo sfondo della scena sacra è un paesaggio siciliano, e il Cristo morto sostenuto da tre angeli (1474-76), rovinatissimo a causa di un restauro errato ma evidente figlio della fase veneziana del pittore. Accanto a questi quadri, due grandi capolavori di Antonello: l’Annunciata e l’Ecce Homo.

Antonello da Messina, Ecce Homo, 1475
Antonello da Messina, Ecce Homo, 1475

Se l’Ecce Homo (1475) rappresenta un Cristo piangente alla colonna, con la corona di spine e il cappio intorno al collo, con le lacrime che scendono sulle guance, rimanendo a metà tra la pittura sacra e la ritrattistica psicologica di Antonello, l’Annunciata (1475-76) è l’opera più innovativa dell’artista. La Madonna è ritratta sola mentre solleva lo sguardo dal libro che sta leggendo: l’angelo è arrivato a darle l’annuncio, e lei lo accoglie e allo stesso tempo lo tiene lontano con la mano destra, mentre con la sinistra si chiude il velo in segno di pudore. Lo sguardo della giovane Vergine è fisso, già proiettato nel suo futuro ruolo di madre di Cristo. Per la prima volta l’Annunciazione viene rappresentata senza l’angelo; basta la Madonna a renderne superflua la presenza e a raccontare tutta la storia. Il ritratto ferma l’istante della storia come una fotografia e si mescola al racconto sacro.

Accanto a questi piccoli ma curatissimi quadretti, una serie di taccuini del Cavalcaselle, con schizzi e appunti con cui lo storico dell’arte studiava la mano, all’epoca ancora sconosciuta, di Antonello da Messina, attribuendogli correttamente una serie di opere che prima erano imputate ad artisti fiamminghi o veneti.

Jacobello da Messina, Madonna con Bambino, 1480
Jacobello da Messina, Madonna con Bambino, 1480

Infine la mostra, che si era aperta con il quadro di Roberto Venturi, si chiude con un’opera di Jacobello da Messina, figlio di Antonello. La sua Madonna con Bambino (1480) è interessante non tanto per la rappresentazione in sé quanto perché Jacobello si firma come figlio del “pittore non umano” Antonello, l’uomo che con il suo pennello superò la sua condizione terrena per assurgere nell’Olimpo degli artisti immortali.

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