Vivere e scrivere

Luis Sepúlveda (Ovalle, 4 ottobre 1949 – Oviedo, 16 aprile 2020)

“Le biografie degli uomini coerenti sono brevi.”

Se spesso all’idea dell’uomo di lettere si associa quella di una persona che vive molto dal punto di vista intellettuale e poco da quello pratico, questo non può dirsi di Luis Sepúlveda.

Gli anni giovanili

Sepúlveda
Luis Sepúlveda

Fedeltà: alla vita che non si può mai tradire e anche ai legami d’affetto che il tempo non può spezzare.

Nipote di un anarchico andaluso fuggito in Cile per scampare a una condanna a morte, Luis nasce a Ovalle il 4 ottobre 1949. Cresciuto tra le idee rivoluzionarie del nonno e dello zio, accanto alla predisposizione per la politica mostra una forte passione per la letteratura. Legge grandi romanzi europei, da Cervantes a Salgari, e a scuola dimostra il suo desiderio di scrivere sul giornalino dell’istituto, dove pubblica racconti e poesie.

Intorno ai 16 anni, si iscrive alla Gioventù comunista, e l’anno dopo diventa redattore del quotidiano “Clarin”; inizia poi a lavorare anche in radio, e così porta avanti le sue grandi passioni, la letteratura e la politica.

I primi riconoscimenti e le prime peregrinazioni

Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro ancora si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia.”

Luis ha solo vent’anni quando nel 1969 la sua raccolta di romanzi Crónicas de Pedro Nadie gli vale il premio Casa de las Americas. Vince anche una borsa di studio per seguire i corsi di drammaturgia all’Università Lomonosov di Mosca; avrebbe dovuto frequentare i corsi per cinque anni, ma dopo soli pochi mesi Luis lascia l’Unione Sovietica, non si sa se espulso per aver avuto contatto con alcuni dissidenti o per un’ipotetica relazione con una professoressa.

Luis torna in Cile, ma resta poco a causa di scontri con il padre. Se ne va, solitario, in Bolivia, dove entra nell’Esercito di Liberazione Nazionale, una guerriglia di stampo marxista-leninista fondata da Che Guevara per spingere le masse alla rivoluzione.

Il ritorno alla terra natale

“Ululo perché la voce del dolore non si dimentica mai.”

L’esperienza boliviana dura poco, e ben presto Luis torna in Cile, dove si butta a capofitto nella sua carriera artistica. Consegue il diploma di regista teatrale, crea lavori per la radio e il teatro e ovviamente continua a scrivere i suoi racconti.

Lo slancio politico però non lo abbandona, quindi entra nel Partito socialista. Affascinato dalle idee di Salvador Allende, entra a far parte del suo corpo di guardia personale. Le idee socialiste di Allende sono molto scomode, soprattutto per gli Stati Uniti, che nel 1973 appoggiano un colpo di Stato ad opera di alcuni reazionari guidati da Augusto Pinochet, il generale che instaura una dittatura sulla nazione cilena fino al 1990.

Sepúlveda è catturato e arrestato, rinchiuso per sette mesi in una cella in cui non c’è neanche lo spazio per sedersi. Pronto ormai ad abbandonare la vita in quel posto, solo le forti pressioni di Amnesty International lo trascinano fuori da quella gabbia. Pervaso dalle sue idee politiche, usa il teatro per dire tutto l’indicibile che ha visto in quei pochi mesi. Questo gli vale un secondo arresto e una condanna all’ergastolo, che, sempre grazie ad Amnesty, si riduce a otto anni di esilio.

La fuga dall’esilio

“I miei sogni sono irrinunciabili, sono ostinati, testardi e resistenti.”

Costretto a lasciare la terra natia, Sepúlveda dovrebbe andare in Svezia, la terra che gli ha concesso l’asilo politico, e diventare un insegnante di spagnolo. Ma al primo scalo del volo a Buenos Aires fugge, deciso a non vivere una vita imposta, e da quel momento inizia il suo viaggio nei Paesi dell’America Latina.

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, lo slancio verso gli altri di Sepúlveda è molto forte: prima si unisce a una spedizione UNESCO per studiare l’impatto della civiltà sui nativi americani, poi si aggrega alla Brigate Internazionali che combattono in Nicaragua, e dal 1982 al 1987 lavora sulle navi di Greenpeace.

“Cittadino europeo” dal 1979, vive prima in Germania e poi in Francia, nazione che può vantare l’avergli dato la propria nazionalità. Dal 1996 si sposta in Spagna, dove è morto, settantenne, a causa del Coronavirus.

Le opere

“Gli amici non muoiono e basta: «ci» muoiono, una forza atroce ci mutila della loro compagnia e poi dobbiamo continuare a vivere con quei vuoti nelle ossa.”

Sepúlveda è uno scrittore particolare, che unisce a scritti estremamente forti e critici, di stampo prettamente politico, racconti delicati e leggeri, in cui gli animali che ne sono protagonisti insegnano lezioni a tutti noi. Libri per adulti che possono essere letti anche dai bambini, animali che prendono il posto degli uomini per sottolineare l’uguaglianza tra tutti gli esseri viventi.

Oltre alla celeberrima Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, del 1996, ricordiamo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, 1993, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, 2012, e Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà, 2015.

Accanto alle sue opere letterarie, realizza anche film e riceve numerosi premi e riconoscimenti. Tra questi citiamo solo le due lauree Honoris Causa ottenute presso le rispettive Facoltà di Lettere dell’Università di Tolone e dell’Università di Urbino.

 

“Con il passare del tempo passò il tempo sui miei passi, e pian piano mi colmai di cose dimenticate che pian piano mi dimenticarono.”

 

 

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