Traduzione o tradimento #1

Il cinema italiano tra parole dette e tagliate

Doppiaggio e traduzione

Il cinema italiano, così come la distribuzione televisiva italiana, tra visti censura e scelte più o meno incomprensibili, ha denaturato parecchi prodotti che ancora oggi passano sul piccolo schermo. Tuttavia attraverso la traduzione siamo andati a costituire ed esaltare una categoria, quella dei doppiatori – per chi non lo sapesse siamo l’unico stato con i film doppiati e non in lingua originale – e a valorizzare a loro volta attori stranieri che devono il loro successo in Italia proprio grazie al loro doppiatore. Ma tra le battute riscritte e doppiate, e quelle originali e recitate, può davvero esserci un mondo di sfumature.

Il cinema d’animazione: errore o abuso di traduzione?

Durante la scorsa estate, i capolavori d’animazione di Miyazaky sono stati al centro di un dibattito per la presunta scelta operata dai distributori – Lucky Red – nell’affidare le sorti della traduzione delle opere prodotte dallo Studio Ghibli a Gualtiero Cannarsi. Tutto ciò è “venuto fuori” dopo l’uscita di Evangelion, la sera del solstizio d’estate. Frasi incomprensibili e paroloni usati a sproposito hanno scatenato la risposta di un pubblico più cosciente rispetto a vent’anni addietro, che durante il film si è lamentato in silenzio, per poi prendere d’assedio i social di Lucky Red chiedendo la riesamina e un nuovo adattamento per tutti i vecchi prodotti dello Studio Ghibli. La speranza è ora quella di vedere al più presto una riedizione dei primi capolavori di Miyazaky, a partire da Nausicaä della valle del vento del 1984, Laputa – il castello nel cielo del 1986, Il mio vicino Totoro, del 1988 e il meno conosciuto Porco rossoKurenai no buta, letteralmente Il maiale cremisi – del 1992. Questi citati sono solo alcuni dei film sui quali i fan chiedono la riesamina della traduzione, con la speranza che venga fatta attraverso una persona qualificata e indottrinata sul background storico-sociale giapponese, in grado di tradurre l’opera senza alterarne il contenuto.

Casi di stravolgimento in televisione

Nell’ambito televisivo, l’esempio più eclatante appartiene alla sit-com La tata, il cui titolo originale, The nanny, è l’unica cosa che non è stata traviata dalla censura italiana. La domanda che lo spettatore medio si pone è: in che modo un organo o un supervisore può cambiare così drasticamente un prodotto? Ora ve lo spiego.

Tutti conosciamo Francesca Cacace, 29enne ciociara, che da quando è maggiorenne vive a New York da sua zia Assunta. Nessuno però conosce Fran, la vera protagonista della sit-com. Fran Fine è una “fashion queen” ebrea, appartenente alla zona di Flushing, New York. Zia Assunta è in realtà Sylvia, la mamma di “Francesca”. Zio Antonio suo padre e risponde al nome di Morty. E zia Yetta? È la nonna di Fran, madre di Sylvia/Assunta, totalmente ebrea ma assolutamente non polacca. Conosciamo l’avvenente Fran che, durante una vendita porta a porta come rappresentante di cosmetici, ottiene l’incarico di tata da uno dei maggiori produttori di Broadway. Per lei è un balzo importante: dalla strada all’alta società britannica e newyorkese. I batti e ribatti, tra dichiarazioni e ritrattamenti, uniti allo humor britannico, sono un elemento che non ha funzionato proprio a causa della traduzione italiana. Le imposizioni dettate ai traduttori hanno generato situazioni di bassa comicità, tipicamente italiane, che troppo spesso hanno distorto il significato originale per motivi sociali, culturali e storici. Per fortuna la rottura della quarta parete, così come altre trovate geniali nella costruzione dei personaggi da parte degli sceneggiatori originali, non sono state toccate dagli organi di censura. Andando avanti con le stagioni, anche l’infatuazione di Maggie per un italiano è l’ennesima alterazione: l’uomo in questione è ebreo, per questo Fran, come da tradizione, è felice che lo sposi. Allo stesso modo la madre di Fran vuole che la figlia si sposi al più presto ma solo con un ebreo. Alla fine la traduzione è stata comunque brava a trovare il modo di rendere personaggi americani, sconosciuti al popolo italiano, sfruttando quelli degli show Rai, così da rendere comiche scene che altrimenti a noi italiani sarebbero risultate incomprensibili.

Il motivo per cui questa sit-com è stata completamente stravolta nella traduzione della sceneggiatura è quindi per renderla meno americana e più adatta ad un pubblico italiano, meno elastico a ridere su una ferita ancora aperta. Peccato che così facendo si è andati culturalmente ad eliminare un testo originale per soppiantarlo di sana pianta con sproloqui che non c’entrano nulla ma che a quanto pare esaltano quella che viene definita bassa comicità italiana.

Nel prossimo articolo di ArtPassion tra fedeltà del prodotto e visti censura, vedremo come gli stravolgimenti spesso alterino non solo il testo ma anche l’immagine. Tra i film di cui vi parleremo ci sarà uno dei capolavori della Nouvelle Vague francese, À bout de souffle, del 1960. Un film di Jean-Luc Godard su soggetto di F.Truffaut.

Non perdete quindi il prossimo articolo per scoprire i primi minuti della pellicola originale, con il nudo di Jean Sadeberg, e le modifiche poste dai visti censura nel periodo neorealista italiano.

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