L’opera d’arte tra desiderio di protezione e volontà di comunicazione

Tutela vs turismo

L’arte è un universo a sé costellato di contraddizioni. Questo perché l’arte stessa è una contraddizione: la necessità espressiva individuale che parla all’umanità per diventare linguaggio e ideale universale. In questo meraviglioso mondo fatto di colori, forme e incoerenze, oggi vogliamo sollevare la questione del rapporto tra tutela e turismo. Fino a che punto la tutela può limitare l’economicamente vantaggioso turismo? Quanto il turismo rispetta il bene culturale? E soprattutto, vale la pena tutelare un’opera se per farlo la si nasconde agli occhi del mondo?

La questione è tutt’altro che semplice. L’opera d’arte è per sua stessa definizione unica, e perciò non replicabile. Ma non era così all’inizio. In un primo tempo infatti gli artisti erano considerati solamente abili artigiani. Non si conosceva il loro nome, non si conoscevano i loro pensieri; erano solamente le mani che davano forma alle idee dei committenti. È dal Rinascimento che l’artista rivendica il suo ruolo di ideatore dell’opera d’arte; certo, non completamente libero dalla volontà del committente, ma per la prima volta la sua persona e la sua personalità vengono riconosciute e apprezzate. E da questo momento nasce il desiderio di proteggere le opere dei grandi maestri.

La tutela è strettamente legata al valore dell’opera d’arte. Valore innanzitutto economico, ovviamente. Inutile nascondersi dietro la facciata della cultura, parliamoci chiaro: anche se molte persone, me compresa, mettono il livello culturale di un bene davanti a tutto, coloro che sono direttamente chiamati a proteggere questi beni lo fanno in base al loro valore economico. Come ogni cosa umana, anche l’arte è “sporcata” dai soldi. Comunque, a prescindere da questo, il mondo culturale concorda con la volontà di tutelare un bene prezioso. E per tutelarlo bisogna tenerlo sotto controllo, in un ambiente favorevole, e possibilmente lontano da tutto quello che può danneggiarlo, umani in primis.

Non è infatti necessario trovare un folle che prende a martellate la Pietà Vaticana di Michelangelo o che mette una bomba alla GAM (Galleria di Arte Moderna) di Milano per arrecare danno a un’opera d’arte. Per i quadri basta il respiro; qualsiasi cambiamento di umidità e temperatura è potenzialmente letale. Da qui tutti i controlli e tutti gli allontanamenti dagli spazi espositivi per le opere più preziose e più rovinate.

Annunciazione, restauro
A. da Messina, Annunciazione, prima e dopo il restauro

Inutile dire che il controllo e il restauro sono fondamentali per le opere che più sentono il peso degli anni sul loro materiale. Ma, se queste procedure sono encomiabili, altra cosa è l’allontanamento quasi definitivo dagli sguardi del pubblico.

Dal lato opposto alla tutela troviamo il turismo: persone che si recano in un determinato posto o museo per vedere una determinata opera. Il turismo culturale non è purtroppo diffuso come si vorrebbe, ma innegabilmente c’è, e si basa sulla volontà di vedere di persona opere di cui si è solo sentito parlare. La fisicità dell’opera d’arte riveste una grande importanza, e non c’è paragone tra il vedere una foto e l’opera reale.

Il turismo culturale si basa sui grandi nomi che attraggono molte persone. E a sua volta è alla base della diffusione della cultura. Encomiabile in linea di massima, a volte diventa pura moda. Tuttavia, da critica dell’arte, mi ritrovo costretta ad ammettere che qualunque cosa porti il pubblico in un luogo di cultura sia non solo accettabile ma addirittura molto positivo. E così, che si tratti della moda del momento o di un vero e proprio interesse, il turismo va e deve essere promosso, affinché fasce sempre maggiori di popolazione vedano le opere che hanno cambiato per sempre la storia dell’arte e la storia dell’uomo. In realtà, nel mio settore non tutti la pensano così. Anzi, alcuni ritengono che le opere interessate da grandi flussi di visitatori vengano in un certo qual modo sminuite da essi, quasi fossero fenomeni da baraccone.

Apertura serale dei Musei Vaticani
Cappella Sistina, apertura serale dei Musei Vaticani

Non si può certo pensare al turismo culturale come una cosa di nicchia. Ad esempio il Louvre ha all’incirca 10 milioni di visitatori l’anno; e ancora i Musei Vaticani contano quasi 6 milioni di accessi nell’arco dei dodici mesi. Questo enorme flusso di persone inserisce elementi di disturbo alla conservazione delle opere d’arte e riporta via con sé cultura.

Considerato che le opere d’arte soffrono qualunque cambiamento, e che il turismo richiede la massima disponibilità dei beni culturali a essere fruiti anche in condizioni non ottimali, è evidente che tra turismo e tutela c’è un contrasto. Da un lato nascondersi per sopravvivere, dall’altro mostrarsi per farsi conoscere.

A mio avviso, come in tutte le contraddizioni, in medio stat virtus. E quindi bisogna trovare un equilibrio tra turismo e tutela. Un’opera d’arte non vista non è molto diversa da un’opera d’arte non più esistente. L’unica soluzione in questa impasse è una possibilità di visita intelligente: limitare il numero di accessi giornalieri per non stressare le opere, avere un impianto di climatizzazione in grado di ridurre al minimo gli sbalzi di temperatura e umidità, rendere consapevoli i visitatori delle norme a cui attenersi per non creare danno all’opera.

Turisti all'Ultima Cena
Leonardo, Ultima Cena, folla di turisti

Un esempio virtuoso in questo senso è quello del Cenacolo leonardesco in Santa Maria delle Grazie a Milano. La pittura murale è estremamente rovinata, e soffre davvero molto il pubblico. Tuttavia, nascondere per sempre quest’opera di Leonardo non avrebbe effetti diversi dal non averla affatto. E quindi il numero di accessi è limitato, e il pubblico viene “condizionato”, cioè portato a una temperatura ed umidità che non creino sbalzi e quindi troppo disturbo all’Ultima Cena.

L’opera d’arte ha bisogno di comunicare, e non può farlo segregata in una gabbia dorata che conserva la sua materialità a discapito del suo messaggio. Trasportare il messaggio al futuro, cercando di rispettare il bene nella sua consistenza materica, è nostra responsabilità. Parlare al domani conservando la materia di ieri è il compito a cui siamo tutti chiamati. Conoscenza e rispetto, insieme a un po’ di cervello, sono ciò che ci consentirà di formare il futuro grazie ai maestri di ieri.

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