Tanti auguri a…Leonardo!

Leonardo da Vinci (Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519)

Leonardo, Autoritratto, 1515 circa
Leonardo, Autoritratto, 1515 circa

Si possono contare sulle dita di una mano gli uomini che sono passati alla storia semplicemente con il loro nome di battesimo, per la grandezza del loro intelletto. Tra questi un nome spicca su tutti: Leonardo. Personificazione del genio umano, ha primeggiato in ogni disciplina in cui si è applicato. E a 500 anni dalla sua morte, ogni uomo ricorda la sua grandezza.

 

 

I primi anni

…ché il pittore arà la sua pittura di poca eccellenza se quello piglia per altore (modello) le altrui pitture” – Leonardo

Nato il 15 aprile 1452 a Vinci, figlio illegittimo di ser Piero e di una certa Caterina, dimostra da subito spiccate doti artistiche. Viene quindi portato dal padre a Firenze e messo a bottega da Andrea del Verrocchio, pittore, scultore e orafo di grande fama e maestria.

Verrocchio e Leonardo, Battesimo di Cristo, 1475 circa
Verrocchio e Leonardo, Battesimo di Cristo, 1475 circa

Leonardo ci mette poco a distinguersi tra gli allievi, e Vasari favoleggia sul fatto che lo stesso Verrocchio avesse deciso di lasciare la pittura vedendosi in breve tempo superare dal ragazzo. La mano del giovanissimo Leonardo si distingue da quella del maestro nel Battesimo di Cristo (1475 circa), in cui l’angelo a sinistra, con i suoi lineamenti delicati e sfumati in contrasto con le linee nette delle altre figure, ci mostra come il grande genio in erba stesse già elaborando una propria poetica artistica.

Nel 1472, a soli vent’anni, Leonardo risulta iscritto alla Compagnia dei Pittori di Firenze, segno che ormai non ha più bisogno di un maestro ed è un artista pronto a camminare con le proprie gambe.

 

La prima attività fiorentina

Ormai pittore autonomo, il giovane Leonardo dimostra la sua grande maestria in opere eseguite in età giovanile ma in cui già manifesta la formazione di un proprio stile: l’Annunciazione (1472-75) e la Madonna del Garofano (1478) dimostrano la cura e l’interesse per il paesaggio che, seppur sullo sfondo, viene reso con una cura luministica e atmosferica che poi porterà alla formulazione del famosissimo “sfumato leonardesco”.

Leonardo è stato intellettuale, filosofo, saggista, ingegnere militare, costruttore, scultore, ma dal punto di vista pittorico i suoi dipinti sono pochi, a fronte di una quantità infinita di disegni. Tra le tante opere non terminate rientra la tavola incompiuta con l’Adorazione dei Magi, commissionatagli nel 1481 dal convento di San Donato a Scopeto come pala d’altare.  La pala mostra in primo piano le figure della Vergine con il Bambino attorniate dai Magi; tutto il resto è un vorticoso insieme di figure rese più o meno nettamente che emergono dallo sfondo, in uno spazio esterno caratterizzato da un’architettura di pieno gusto rinascimentale. L’opera resterà incompiuta per la partenza di Leonardo per Milano.

Il primo periodo milanese

È il 1482 quando l’artista trentenne arriva nel capoluogo lombardo, all’epoca dominato da Ludovico il Moro, presso cui Leonardo giunge come inviato di Lorenzo il Magnifico per offrirgli una lira che solo lui sapeva suonare con maestria. Dopo aver portato a termine la missione affidatagli dal signore di Firenze, Leonardo decide di rimanere a Milano e di offrire i suoi servigi a Ludovico il Moro.

Leonardo, Vergine delle rocce, 1483-90
Leonardo, Vergine delle rocce, 1483-90

Nel 1483 realizza la Vergine delle Rocce, oggi conservata al Louvre, in cui porta a compimento i suoi studi sullo sfumato. L’opera, commissionatagli dalla Confraternita dell’Immacolata Concezione di San Francesco Grande, si concentra infatti non tanto sul soggetto principale, classicamente religioso, quanto sulla resa atmosferica del cielo che appare sullo sfondo, oltre la quinta dei massicci rocciosi. Lo sfumato leonardesco tiene conto non solo della distanza che rende vaghi i dettagli, in antitesi con la precisione quasi miniaturistica dell’arte fiamminga di primo ‘400, ma anche dell’aria e dell’effetto dei raggi luminosi, che danno una sensazione di movimento e sfocatura al tutto. Ne deriva la cosiddetta “prospettiva dei perdimenti”, un linguaggio assolutamente personale, lontano dalla precisione matematica del rinascimento prospettico, ma molto più realistico: “Il pittore non è laudabile, se non è universale”.

Leonardo, Dama con l'ermellino, 1488-90
Leonardo, Dama con l’ermellino, 1488-90

Per il duca di Milano Leonardo esegue molti lavori, non prettamente pittorici: è consulente della fabbrica del tiburio del Duomo di Milano; realizza gli apparati provvisori per le nozze di Gian Galeazzo Sforza e di Isabella d’Aragona; disegni i costumi per il corteo del matrimonio tra Ludovico il Moro e Beatrice d’Este; presiede i lavori di bonifica per una tenuta dei duchi a Vigevano. E inoltre inizia l’incompiuta statua equestre in onore di Francesco Sforza (1489) e decora la Sala delle Asse (1497-98) del Castello Sforzesco. Sempre per il Moro realizza La dama con l’ermellino (1488-90), ritratto di Cecilia Gallerani, la favorita del duca; inizia qui la rappresentazione dei “moti dell’animo” che culminerà nel capolavoro della prima fase milanese: il Cenacolo (1494-97).

 

Il Cenacolo

Quella figura non sarà laudabile s’essa, il più che sarà possibile, non esprimerà coll’atto la passione dell’animo suo” – Leonardo, Trattato della pittura

Leonardo, Cenacolo, 1494-97
Leonardo, Cenacolo, 1494-97

È il 1494 quando Ludovico il Moro commissiona a Leonardo il Cenacolo, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, per celebrare l’investitura a duca appena ricevuta dall’imperatore Massimiliano II. Leonardo vi introduce due novità principali. Dal punto di vista del materiale, sceglie di non realizzare un affresco, ma sperimenta una nuova tecnica, utilizzando la tempera e poi procedendo per velature di pittura a olio; in questo modo può continuare a ritoccare la sua opera. È questo il motivo per cui non passano molti anni che il Cenacolo inizia a deteriorarsi, e ad oggi richiede costanti e accurati restauri per non andare perduto.

La novità maggiore però riguarda la rappresentazione. Se la tematica è molto tradizionale, non altrettanto la resa. Cristo ha appena annunciato l’imminente tradimento: gli Apostoli sono scioccati, e ognuno di loro reagisce in modo diverso. Tuttavia, nonostante l’accurata resa dei moti dell’animo, Leonardo non trascura l’approccio matematico, creando due terzetti di apostoli al centro dei quali si pone Gesù. Lo sfondo matematicamente prospettico ha il punto di fuga che corrisponde alla figura di Cristo, in una consonanza tra tema e scienza.

A cavallo del secolo: brevi soggiorni in giro per l’Italia

Con la caduta di Ludovico il Moro in seguito all’arrivo delle truppe francesi di Luigi XII, Leonardo lascia Milano.

Si reca prima a Mantova presso Isabella d’Este, di cui realizza un ritratto, e poi a Venezia, dove viene consultato riguardo alle fortificazioni orientali della città.

Al volgere del secolo torna a Firenze, e la sua fama gli porta la commissione della Pala di Sant’Anna (1501) per la Santissima Annunziata, di cui esegue il cartone e, più tardi, una diversa versione pittorica che non consegnerà mai ma porterà con sé nei suoi viaggi. Dopo una breve parentesi romagnola, nel 1503 è di nuovo nel capoluogo fiorentino, e riceve la commissione per la Battaglia di Anghiari, che doveva fronteggiare la Battaglia di Cascina di Michelangelo nel salone di Palazzo Vecchio per celebrare la potenza medicea. Anche in questo caso, come già con il Cenacolo, Leonardo non si accontenta della tecnica dell’affresco, e ben presto anche i pochi tratti che aveva già riportato sul muro svaniscono; noi abbiamo soltanto una copia del suo cartone realizzata da Rubens, che ci mostra come figure umane e animali si confondano nell’espressione dei sentimenti di furia e guerra.

La Gioconda

guarda il lume e considera la sua bellezza; batti l’occhio e riguardalo: ciò che di lui tu vedi prima non era e ciò che lui era non è più” – Leonardo, Codice Trivulziano

Leonardo, La Gioconda, 1503-06
Leonardo, La Gioconda, 1503-06

Sempre a Firenze Leonardo inizia la sua opera più famosa: La Gioconda (1503-06). Tradizionalmente considerato un ritratto di Monna Lisa, moglie di Francesco del Giocondo, è uno dei dipinti più enigmatici di tutta la storia dell’arte. La figura è ritratta di tre quarti, con le mani conserte, in una posa che richiama la ritrattistica di Antonello da Messina e opere milanesi dello stesso Leonardo. Lo sfondo però non è scuro, ma si apre in un paesaggio in cui torna lo sfumato leonardesco. L’espressione lieta ma enigmatica del viso è invece un manifesto della ricerca dei moti dell’animo iniziata molti anni prima.

Leonardo è talmente legato a quest’opera da portarla sempre con sé e da continuare a ritoccarla e a lavorarci. Non consegnerà mai l’opera al committente, e La Gioconda lo seguirà in Francia, dove tuttora si trova.

Il secondo periodo milanese e il soggiorno romano

Nel 1506 Leonardo torna a Milano, ancora dominata dai francesi, che gli tributano grandi onori in virtù della sua fama. In questo periodo approfondisce i suoi studi e delinea i suoi scritti, ma l’attività pittorica è praticamente nulla. Il grande artista si fa prendere da qualunque curiosità e le segue tutte, per poi abbandonarle non appena qualcos’altro cattura la sua attenzione. La sua attività artistica consiste prevalentemente nell’insegnare pittura agli allievi della sua bottega.

Nel 1512 Milano vede tornare gli Sforza, ma Leonardo, ormai compromessosi con i francesi, teme per la sua incolumità e scappa a Roma, dove trova un protettore in Giuliano de’ Medici, fratello di papa Leone X. Il clima artistico è fervente nella capitale, e Leonardo, nel confronto con i più giovani Raffaello e Michelangelo, al tempo attivi in Vaticano, non riesce a trovare una sua dimensione, e nel 1516, alla morte del suo protettore, torna ancora una volta nel capoluogo lombardo.

Gli ultimi anni: la Francia

Il re francese Francesco I è così affascinato dalla mente e dalla poliedricità di Leonardo che lo invita a soggiornare presso il Castello di Amboise in Francia. Leonardo, che alla fine del secolo precedente aveva fuggito i francesi, accetta di buon grado. Nel 1516 lascia per sempre l’Italia, in compagnia del suo allievo prediletto Francesco Melzi, e con le sue opere più care si trasferisce in Francia, accanto all’affetto del sovrano francese.

Il suo corpo muore il 2 maggio del 1519, ma la sua fama vive ancor oggi.

Dall’uomo al mito

Il mito del genio di Leonardo nasce nell’800, quando i romantici vedono in lui un uomo dalle idee chiare, dall’intelletto sopraffino che eccelleva in qualunque campo si applicasse. Nonostante lo studio dei suoi scritti abbia dimostrato che il grande Leonardo era un uomo pieno di domande e contraddizioni, che studiava ciò che lo appassionava per poi abbandonarlo e passare ad altro, questo mito non è mai venuto meno. E anche oggi, anzi soprattutto oggi, nell’anno che celebra, o rimpiange, il cinquecentenario della sua morte, molti artisti e intellettuali si concentrano su di lui. Uomo geniale o curioso, resta ancor oggi modello e ispirazione per tutti coloro che hanno sfiorato, anche per caso, un pezzettino della sua genialità.

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