L’arte nella città lagunare

76° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

76° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, 2019
76° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Venezia Lido 2019

Su una piccola isola, ricca di storia, luoghi, e molto altro da scoprire, come ogni anno prende vita l’evento che la rende così famosa a livello internazionale. A due settimane dal termine della 76° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia sono qui a raccontarvi la mia esperienza nei dintorni del red carpet di Venezia Lido, un’isola che soprattutto in questo periodo vive per il cinema.

Persone che sin dalla mattina si accampano davanti al red carpet per accaparrarsi i posti migliori e riuscire a strappare una foto, una dedica o anche solo stringere la mano al divo di turno. Chi si sveglia sempre all’alba per essere in coda prima della primissima proiezione delle 08.30, per poi continuare a cibarsi di film intere giornate.

Non voglio soffermarmi troppo su proiezioni già pubblicizzate e chiacchierate. Preferisco parlarvi di titoli rimasti un po’ più nei sobborghi del festival, dalla carica emotiva, dalla bellezza estetica e interiore sorprendente, al di sopra del resto delle proiezioni che sono riuscito a visionare. Forse è proprio grazie al fatto di essere i titoli meno pubblicizzati e dalle aspettative più basse che sono riusciti a stupirmi, sia tecnicamente, sia grazie all’animo del film che i registi in questione sono riusciti a trasmettere alla loro opera.

Mosese, This is not a burial, it’s a resurrection, 2019
L.J. Mosese, This is not a burial, it’s a resurrection, 2019

This is not a burial, it’s a resurrection film di Lemohang Jeremiah Mosese della Biennale College Cinema. Ambientato nel Lesotho, narra le vicende di un’anziana donna di ottant’anni che lotta per proteggere il suo villaggio, in particolare il cimitero e i defunti che ospita. Film dalla tecnica sopraffina, fotografia e montaggio non lasciano spazio nemmeno alla minima sbavatura. Un film non semplice ma esemplare per il cinema contemporaneo a basso budget.

Cottafavi, Maria Zef, 1981
V. Cottafavi, Maria Zef, 1981

Maria Zef, grande classico friulano quasi del tutto dimenticato. Nato come sceneggiato Rai diretto nel 1981 da Vittorio Cottafavi, riesce a dipingere con una poetica sublime la vita di una giovane ragazza e il contesto sociale in cui è nata e cresciuta, un povero villaggio tra i monti friulani, sopravvivendo alla miseria, al degrado e a una vita caratterizzata da abusi e stenti. Un film intramontabile che va sicuramente riscoperto. Profondo e toccante, non può lasciare indifferenti.

Gaál, Sodrasban, 1964
I. Gaál, Sodrasban, 1964

Sodrasban, un altro grande classico questa volta proveniente dalla Nouvelle Vague ungherese. Film del 1964 diretto e curato, dalla pre alla post produzione, da István Gaál. Anche questo film esteticamente e tecnicamente perfetto. Scene esemplari come la sequenza di immagini fisse che grazie all’accompagnamento musicale, alla scelta e alla composizione delle fotografie stesse eal l’ordine imposto in fase di montaggio, riesce a dare un forte ritmo nonostante non ci siano immagini in movimento, anticipando la famosa scena dei quattro Cristi di Arancia meccanica riprodotta allo stesso modo.

Sodrasban vs Arancia Meccanica
Sodrasban vs Arancia Meccanica

Il film riprende tematiche intime e umane presenti ne L’avventura di Michelangelo Antonioni. La fotografia ricorda il bianco e nero de L’infanzia di Ivan di Andrej Tarkovskij e Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. Un film che, grazie all’episodio della sparizione di un amico dei protagonisti, fa riflettere sui legami, anche quelli ritenuti indissolubili, sulla vita e sulla morte e su quanto sia fugace la memoria, anche di ciò che è appena passato: difficile infatti ricordare, soprattutto per lo spettatore, il volto del ragazzo scomparso nonostante sia stato ripreso chiaramente e numerose volte sino a qualche istante prima della sparizione.

Santambrogio, Los oceanos son los verdaderos continentes, 2019
T. Santambrogio, Los oceanos son los verdaderos continentes, 2019

Los oceanos son los verdaderos continentes: cortometraggio di Tommaso Santambrogio in collaborazione con il maestro del cinema contemplativo, il regista filippino Lav Diaz. Partecipante alla settimana internazionale della critica, vince il premio come migliore fotografia: minimale, ma curata alla perfezione. Una breve ma splendida storia d’amore che ricorda la tristezza e il vuoto incolmabile di una relazione a distanza. Si staglia su una Cuba povera e degradata in contrasto con la solarità dei protagonisti, mostrando la più grande e affascinante contraddizione dei Paesi latini: la felicità nonostante l’ambiente povero in cui vivono.

Paz, Babenco: alguém tem que ouvir o coração e dizer parou, 2019
B. Paz, Babenco: alguém tem que ouvir o coração e dizer parou, 2019

Infine, Babenco – alguém tem que ouvir o coração e dizer parou: documentario a dir poco commovente. Il film che più mi ha colpito del festival. Vincitore del premio Venezia Classici per il migliore documentario sul Cinema. Nato per rendere immortale il regista Hector Babenco, un regista che per circa vent’anni ha dovuto convivere con un cancro. Diretto da Barbara Paz – moglie di Babenco – con la partecipazione di Willem Dafoe.

Grazie al cinema il regista è riuscito a sopravvivere fino al 2016. Un regista che amava vivere e soprattutto viveva per il cinema, e il cinema stesso gli dava la ragione e la forza per continuare a lottare. Un film che oltre ad essere estremamente toccante ci fa riflettere sul dono della vita. Impossibile trattenere le lacrime davanti a un personaggio forte e straordinario com’è stato Hector Babenco.

Un film sul cinema come arma per non morire mai […] una poesia visiva, la mia ode a Hector e anche il mio addio.” – Barbara Paz.

Babenco e Paz, Festival del Cinema di San Paolo 2014
H. Babenco e B. Paz, Festival del Cinema di San Paolo 2014

Vorrei ribadire che con questo articolo non voglio sminuire i grandi e prestigiosi film, premiati o che sicuramente verranno proiettati da qui a breve nelle grandi sale cinematografiche: dal Leone d’oro Joker al Leone d’argento per il Gran Premio della giuria J’accuse di Roman Polanski o il solito Soderbergh con The Laundromat, passando per American Skin di Nate Parker, presentato da Spike Lee, e Adults in the room dell’immortale Costa-Gavras. Film che ugualmente meritano una visione, soprattutto l’ultimo citato – anche più di una. Sentivo il bisogno di parlare dei film meno citati e pubblicizzati, ma non per questo meno validi, anzi, forse ideali, e dal sottoscritto più apprezzati, per un festival del cinema.

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