Le riletture dei classici in teatro

Theatre between tradition and contemporaneity

Nel teatro odierno l’originalità, così come l’autore contemporaneo, viene spesso accantonata in virtù di classici di un tempo che fu. Questi testi, frutto di una società vecchia di oltre duemila anni, come nel caso della Tragedia Greca, o vecchia di 400 anni come nel caso del sommo Shakespeare e della sua Inghilterra a cavallo tra ‘500 e ‘600, per venire attualizzati, necessitano in primis di una buona base. Bisogna conoscere la storia.

Ma questa necessità, non solo del teatro, ma propria dell’essere umano, dello scrittore, del poeta, di partire dai grandi classici per poi finire su un palcoscenico, è davvero così fondamentale? Siamo davvero giunti a un punto in cui si hanno più possibilità di finire in cartellone sfruttando e riadattando l’opera di un grande autore piuttosto che privilegiare gli autori contemporanei?

Durante i percorsi accademici, come per i laboratori, i corsi propedeutici e i laboratori di recitazione, gli studenti vengono preparati e successivamente messi sul banco di prova sfruttando la loro capacità di immedesimazione in quelli che sono i testi di autori che sono colonna portante dell’universo teatrale che conosciamo.

Teatro greco di Siracusa, Progetto scenico per Le Troiane di Euripide
Teatro greco di Siracusa, Progetto scenico per Le Troiane di Euripide

Le fondamenta su cui costruiamo la nostra casa, o villa che sia, devono essere solide, e solo attraverso una buona conoscenza del sapere, della cultura e della società di un tempo, ci permettono di rendere uno spettacolo appartenente ad una società che non esiste più, credibile anche ai giorni nostri. Se l’ardere di una fiamma, indicativo della caduta di una polis greca, oggi venisse utilizzato per uno spettacolo moderno, difficilmente verrebbe compreso da tutti. Una fiamma che brucia va intesa oltre il suo significato letterale. E così vanno contestualizzati molti altri particolari che, se lasciati al caso, farebbero perdere il verso significato – e valore – del testo di riferimento.

Ne Le Troiane, scritto da Euripide all’incirca nel 415 a.C., l’inizio spiazza chiunque abbia delle basi sulla tragedia greca, di cui lo stesso Euripide è uno dei sommi vati. Poseidone, infatti, è la divinità che apre la tragedia ed è una figura atipica, in quanto per la prima volta in una tragedia è una divinità a introdurre un personaggio. Sempre Poseidone, in antitesi con la tradizione, si schiera contro i Greci. In questa opera è proprio l’antitesi a dominare l’intera tragedia attraverso la critica alla società coeva, mostrando i moti interiori dei personaggi in relazione al futuro, tempo misterioso che si affaccia dinanzi a loro e che li pone in un limbo sconosciuto.

Come possiamo rendere attuale un testo appartenente ad un mondo che non esiste più, ora che gli dei non vengono più considerati e la tragedia greca, così come il teatro, non viene più studiata nemmeno nelle scuole?

Romeo e Giulietta, Scena del balcone
Romeo e Giulietta, Schema della scena del balcone

Del classico Romeo & Juliet è di sicuro più facile parlare. Chi non ha letto il libro ha visto il film. O forse di film ne ha visti più di uno. Di sicuro la maggior parte non sa cosa significa davvero la rivalità che c’era un tempo tra Montécchi e Capulèti tra le mura della città di Verona. Purtroppo ancor meno persone sanno che il testo di Shakespeare ha origine dallo scritto di un autore italiano, Masuccio Salentino, nel suo Novellino del 1476. Quel che è certo è che questo testo si presta più facilmente a farsi adattare in tutte le salse possibili. La rivalità nella società di oggi è all’ordine del giorno e le casate di un tempo si possono facilmente sostituire con le famiglie di un ceto sociale più o meno elevato rispetto ad un altro. Si può addirittura rielaborare il testo immortale di Shakespeare collocando al suo interno una critica più o meno accesa nei confronti della società odierna. Si può trasformare la scenografia, il costume. Si può rendere grotteschi i personaggi e adattare le loro battute al gergo odierno a tal punto da minare l’equilibrio e la musicalità intrinseca in Shakespeare –  come purtroppo succede in molti saggi accademici (come abbiamo già visto in Il paradosso sulla scuola di teatro di Bertoff). Purtroppo si può arrivare anche al punto di modificare davvero quello che era il messaggio destinato allo spettatore, ciò che non va mai scordato: l’amore.

È davvero così necessario riscrivere questi testi al punto di estrapolarli dal loro contesto per sbatterli in una società che non sempre li accetta, volgarizzandone la fine poetica per renderli più fruibili, allontanandoli dal sacro da cui provengono nei confronti di un profano che spesso li getta miserevolmente in canali di scarico che vengono seguiti solo esclusivamente perché prodotti come spettacolo al termine del corso?

Nel caso delle grandi produzioni, delle sperimentazioni, è davvero necessario trasformare un’opera in tutt’altro solo per sfruttare, a fini economici, un nome e un titolo per ottenere più pubblico?

Purtroppo l’errore alla base sta nella cultura. Se non c’è questa, chiunque adotti un nome famoso unito ad un “liberamente tratto” otterrà sempre più pubblico rispetto al testo di un autore contemporaneo o a uno spettacolo meno conosciuto. Il poeta o drammaturgo attuale otterrà, se ne ha davvero le capacità, la beneamata fama solo una volta morto, perché prima sui cartelloni c’erano autori morti prima di lui.

Esiste secondo voi un rimedio a tutto ciò? Possiamo valorizzare i nuovi lumi che cercano di illuminare, con trame e intrecci critici nei confronti della società odierna, la strada sempre più impervia e sconosciuta che porta il nome di futuro?

Ai posteri l’ardua sentenza.

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