Tanti auguri a…Goya!

F. Goya, Autoritratto nello studio, 1793-95

Francisco de Goya y Lucientes (Fuendetodos, 30 marzo 1746 – Bordeaux, 16 aprile 1828)

I primi anni

Figlio di Braulio José Goya y Franque, maestro doratore, e Engracia Lucientes, discendente di una famiglia nobile decaduta, Francisco Goya y Lucientes nasce il 30 marzo 1746 a Fuendetodos, un paese a una quarantina di chilometri da Saragozza. Proprio a Fuendetodos nel 1760 inizia a studiare pittura nella bottega di José Luzán, dove impara le regole base del disegno e la copia delle stampe antiche.

Nel 1763, al termine dei tre anni di studio presso la bottega di Luzán, si rende però conto della cultura chiusa e provinciale di Fuendetodos, e capisce che se vuole diventare un grande artista deve compiere un decisivo passo avanti.

Già, perché la Spagna alla metà del XVIII secolo è tutt’altro che ferma su uno stile antiquato e ormai ridondante. A Madrid si alternano grandi artisti. Corrado Giaquinto era stato pittore ufficiale del re Ferdinando VI, e nel 1761 viene sostituito da Anton Raphael Mengs, chiamato a corte come ritrattista. Goya cresce stimolato da questa cultura figurativa che si rifà sia al Rococò, con Giaquinto, che al nascente Neoclassicismo, di cui maestro assoluto è Mengs, il quale in Italia aveva conosciuto Winckelmann, lo studioso che teorizzò questo movimento. Nel 1762 giunge a Madrid anche Giambattista Tiepolo, grande maestro della ricchezza, della luminosità e del movimento propri del Rococò.

Influenzato più dal Rococò che dal Neoclassicismo, Goya non esclude nessun influsso, ma desidera metterci un tocco personale.

Nel 1763, stimolato dalla neonata fortuna dell’amico pittore Francisco Bayeu, che quell’anno era stato chiamato a Madrid da Mengs, Goya decide di recarsi nella capitale e di partecipare al concorso annuale dell’Accademia di Belle Arti di San Fernando per “giovani poveri e abili”. Il concorso non va come sperato, e Goya ne torna con una bocciatura; nel 1766 ci riprova, ottenendo lo stesso deludente risultato.

Deciso ad affermarsi come pittore, Goya capisce che è necessaria una svolta. È così che nell’aprile 1770 parte per un viaggio in Italia, unico luogo in cui avrebbe potuto migliorare; questo viaggio è un atto di coraggio, perché le spese sono interamente sostenute da lui e dalla sua famiglia. In Italia visita molte città: Roma, Venezia, Genova, Ancona, Civitavecchia, Parma, Piacenza, Modena, Macerata, Pavia. Durante il soggiorno italiano, Goya partecipa a un concorso indetto dall’Accademia di Parma nel 1771 con il quadro Annibale vincitore che per la prima volta guarda l’Italia dalle Alpi, che gli vale il secondo premio.

In quel tempo l’Accademia di Parma gode di grande prestigio perché sostenuta da Filippo di Borbone, nipote di Carlo III, che dal 1759 aveva preso la corona spagnola succedendo al padre Ferdinando VI. L’eco di questo premio, oltre che del viaggio in Italia, arriva quindi forte in Spagna, dove al suo ritorno Goya avrebbe trovato molta più fortuna di quanto avrebbe potuto immaginare.

Un’altra tappa importante del viaggio in Italia di Goya è Roma, dove il pittore ha modo di studiare le antichità, gli artisti del Rinascimento e anche di conoscere grandi maestri a lui contemporanei, in primis Giovanni Battista Piranesi, le cui incisioni Carceri d’invenzione, con i loro contrasti violenti di luce e ombra, avranno grande influenza sull’attività successiva di Goya. Un altro importante influsso è lo svizzero Johann Heinrich Füssli, con le sue immagini oniriche popolate da mostri e streghe.

Nell’ottobre 1771 Goya torna in Spagna e, grazie alla fama acquisita con il viaggio in Italia, riceve subito importanti commissioni: sono di questo periodo la decorazione del soffitto della cappella del coro della Vergine nella basilica del Pilar a Saragozza con L’adorazione del nome di Dio (1772), e gli affreschi con le Storie della Vergine nella Certosa di Aula Dei nei dintorni della stessa Saragozza (1774).

Nel 1773 Goya sposa Josefa Bayeu, sorella del pittore Francisco Bayeu, che già da alcuni anni lavorava a Madrid sotto la protezione di Mengs.

I primi successi: Goya ritrattista della nobiltà

Nel 1775 Goya arriva a Madrid perché ha ricevuto un importante incarico: dipingere una serie di cartoni per gli arazzi destinati al palazzo di San Lorenzo all’Escorial, residenza autunnale del re di Spagna. Dopo questa prima grande impresa “reale”, a Goya saranno commissionati anche i cartoni per il Palazzo Reale del Pardo, a cui Goya attenderà, con molte interruzioni, fino al 1792. Questo incarico gli viene dato da Mengs stesso, il quale nel 1774 era diventato direttore della Real Fábrica di Santa Barbara che, da quando la Spagna aveva perso il dominio sulle Fiandre (1713), produceva gli arazzi reali.

Per questa importante commissione Goya realizza scene che ritraggono una società spensierata, impegnata in passeggiate, giochi, balli campestri; i personaggi, dagli abiti freschi e colorati, popolano un paesaggio luminoso e sereno. In queste opere Goya concentra la sua abilità artistica nella descrizione minuziosa dei tessuti e degli effetti luministici. Ne sono esempio i cartoni che rappresentano Ballo sulle rive del Manzanarre (1777), L’altalena (1779) e Il parasole (1777).

Nel 1780 Goya diventa membro dell’Accademia di San Fernando presentando come prova di ammissione Cristo crocifisso, che rispetta le regole della tradizione iconografica perché, mentre il volto sofferente indica il momento precedente la morte, il corpo non sanguinante e anatomicamente perfetto evita l’eccessiva drammaticità.

L’alta società madrilena comincia a interessarsi a lui, il ministro Jovellanos lo protegge, i nobili gli chiedono ritratti; in queste opere Goya ritrae con cura le espressioni di quella nobiltà un po’ civettuola che sta vivendo la crisi che tra poco la porterà al crollo con l’arrivo dei francesi. La fama di Goya nella nobiltà cresce sempre più, al punto che nel 1789 viene nominato pittore di Camera del Re da Carlo IV. Per lo studio di Carlo IV Goya realizza altri cartoni per arazzi, come Il fantoccio (1792); in questi temi giocosi e allegri inizia a infiltrarsi una visione pessimista e satirica della società e delle sue abitudini.

La malattia e i primi turbamenti

Goya sente che la società madrilena inizia ad andargli stretta e ha bisogno di libertà. Così, nell’autunno del 1792, parte per un viaggio in Andalusia. A Cadice si ammala gravemente; tuttora non si sa di che malattia si trattasse, ma il pittore ne esce molti mesi dopo, provato nel fisico e completamente sordo. Nel 1793 chiede all’Accademia di San Fernando un permesso per recuperare la salute.

Inizia così un percorso pittorico onirico e visionario che non tace i mali del mondo: piccoli quadri che trattano morti violente, incendi, manicomi, tutti soggetti ispirati dal regime del Terrore francese. Da qui nascono le acqueforti dei Capricci, dove il forte contrasto bianco/nero serve a evidenziare i vizi del mondo, con un moralismo e pessimismo che conduce fino all’affermazione della solitudine umana.

Nel 1795, alla morte del cognato Francisco Bayeu, Goya è nominato direttore di pittura dell’Accademia di San Fernando. In questi anni ha una relazione clandestina con María Teresa Cayetana de Silva, duchessa di Alba, più volte ritratta dal pittore.

Anche negli anni ’90 Goya porta avanti la sua attività di ritrattista; ne è esempio il quadro che rappresenta Gaspar Melchor de Jovellanos (1798), il ministro che per primo aveva preso l’artista sotto la sua ala protettrice, rappresentato pensoso e rassegnato alla sua scrivania.

Nel 1798 Goya realizza otto dipinti per l’Alameda, residenza di campagna dei duchi di Osuna; si tratta di scene di stregoneria, esorcismi, sabbe, temi cari al mondo colto aristocratico che cercava di scoprire i lati oscuri della coscienza. Goya torna quindi a temi più oscuri e misteriosi, che aveva già toccato con i Capricci, stampati proprio nel 1798, e indaga il confine sottile tra ragione e istinto; ne sono prova Esorcismo (1798) e Il grande caprone (1798).

Nel 1799 viene nominato primo pittore di camera e riceve l’incarico di realizzare ritratti dei monarchi; nel frattempo continua la sua attività di ritrattista della nobiltà. A questi anni risalgono le due versioni della Maja che rappresentano le sue opere più celebri: la Maja desnuda (1800) e la Maja vestida (1800-1803), commissionategli dal ministro Manuel Godoy, uomo politico e militare potente e libertino. Queste due opere si trovavano nello studio del ministro; la Maja vestida copriva la Desnuda perché i nudi erano proibiti dalla Chiesa. Nel 1808 il ministro Godoy cade in disgrazia e la sua collezione artistica passa al re Ferdinando VII. Proprio in questo momento iniziano i guai per Goya, perché l’Inquisizione sequestra il dipinto e chiama il pittore a risponderne; Goya se ne salva solo grazie all’intercessione del cardinale Luigi Maria Borbone.

L’invasione francese e la pittura politica

Nei primi anni dell’800 Napoleone Bonaparte, già imperatore francese, aspira a intervenire direttamente nella politica spagnola. L’occasione gli si presenta nel 1808, quando il re Carlo IV abdica in favore del figlio Ferdinando VII, a cui Napoleone sostituisce suo fratello Giuseppe Bonaparte.

L’invasione francese rappresenta per molti intellettuali, Goya compreso, una contraddizione: da una parte simpatizzano per le idee illuministe, dall’altra l’occupazione militare napoleonica non può che trovarli contrari. Goya cerca di prendere le distanze dagli invasori, ma Giuseppe Bonaparte gli concede l’Ordine reale di Spagna.

Il popolo si scaglia contro gli invasori, e il 2 maggio 1808 inizia la “guerra de Independencia”, che termina con la proclamazione della Costituzione di Cadice nel 1812, la cacciata di Giuseppe Bonaparte e il ritorno di Ferdinando VII nel 1813.

Ferdinando VII però, contrario alla Costituzione, instaura un regime assolutista, ristabilendo l’Inquisizione e sequestrando i beni degli intellettuali che inizialmente simpatizzavano con i francesi. Questo periodo di violenza e ingiustizia lascia segni profondi sull’arte di Goya. Ne sono testimonianza le stampe I disastri della guerra (1810-20), che rappresentano scene cruente e angosce umane.

Alla fine della guerra Goya cerca di recuperare il suo posto di pittore reale. Nel 1814, per cercare di allontanare da sé il sospetto di simpatizzare per il nemico francese, realizza due tele che celebrano il coraggio del popolo madrileno insorto contro l’invasore: Il 2 maggio 1808 a Madrid: la lotta contro i mamelucchi e Il 3 maggio 1808: fucilazioni alla montagna del Principe Pio. Sono due opere di grande potenza espressiva, in cui il popolo madrileno viene rappresentato come vittima che affronta con coraggio un nemico spietato, crudele; pur nella disperazione il popolo non perde la sua dignità, mentre il nemico, sempre rappresentato con colori molto scuri per sottolinearne la malvagità, dimostra di non avere né coraggio né pietà.

Gli ultimi anni: le Pitture nere e il soggiorno a Bordeaux

Nel 1819 Goya lascia la corte e si trasferisce in una casa nella periferia di Madrid, da allora chiamata la Quinta del Sordo. Qui dipinge a olio le pareti della casa con le cosiddette Pitture nere, scene di magia, mito, distruzione e morte; la più nota, Saturno che divora un figlio (1821-23), fa di Goya il primo pittore espressionista ante litteram.

Nel frattempo re Ferdinando VII continua la repressione politica contro chi aveva sostenuto i napoleonici. Nel 1824 Goya chiede al re il permesso di recarsi a Plombières, in Francia, con il pretesto di voler effettuare la cura delle acque. Il permesso gli viene accordato e Goya ha modo di lasciare la Spagna; non si reca però a Plombières, ma a Bordeaux.

Passa due mesi a Parigi, dove ai Salon ha modo di ammirare opere di Ingres e Delacroix, tenendosi quindi aggiornato sulla cultura figurativa europea. Proprio lontano dalla sua terra natia, Goya ritrova la luce e la vitalità che caratterizzavano i suoi primi dipinti: la Lattaia di Bordeaux (1827) ha una stesura luminosa e quasi impressionistica, e il volto della ragazza è sereno e sorridente.

Il 16 aprile 1828 muore a Bordeaux a 82 anni.

 

Una risposta a “Tanti auguri a…Goya!”

  1. Bello questo articolo! Conoscevo Goya ma solo per le pitture nere…non sapevo di tutte le sue diverse fasi stilistiche.
    Grazie!

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