Tanti auguri a…Raffaello!

Raffaello, Autoritratto, 1506
Raffaello Sanzio, Autoritratto, 1506

Raffaello Sanzio (Urbino 6 aprile 1483 – Roma 6 aprile 1520)

I primi anni (1483-1504)

Raffaello nasce a Urbino il 6 aprile 1483 da Giovanni Santi, pittore e scrittore, e da Magia di Giovanbattista Ciarla. Il padre era uno dei pittori della Corte d’Urbino; è proprio lui a iniziare Raffaello alla pittura, facendogli conoscere l’arte di Piero della Francesca, da cui Raffaello trarrà alcuni tratti fondamentali della sua pittura, come la luminosità del chiaroscuro, la misurazione degli spazi e l’alternanza di pieni e vuoti.

Alla morte del padre, nel 1494, Raffaello continua il suo apprendistato pittorico a Perugia presso la bottega del Perugino, da cui apprende il ritmo compositivo fluido e ondulato; il primo stile raffaellesco, che cerca di perfezionare l’arte del Perugino, ottiene grande successo in Umbria, procurando a Raffaello molte commissioni.

La prima commissione importante risale all’inizio del nuovo secolo: Raffaello, insieme al pittore e amico Evangelista di Pian di Meleto, è incaricato di realizzare una pala con l’Incoronazione del beato Nicola da Tolentino vincitore di Satana (1500-01), di cui oggi ci restano solo alcuni frammenti.

Nel 1502 Raffaello riceve la commissione della Pala Oddi (1502-03) per la chiesa di San Francesco al Prato di Perugia, e nel 1503 quella della Pala Colonna (1503-05) per il Monastero di Sant’Antonio, sempre a Perugia.

Verso il 1503 Raffaello compie brevi viaggi a Firenze, Roma e Siena, dove aiuta Pinturicchio nella realizzazione dei cartoni per gli affreschi della Libreria Piccolomini.

Alla committenza umbra si deve anche Lo sposalizio della Vergine (1504) per la Cappella Albizzini della chiesa di San Francesco a Città di Castello: qui Raffaello si confronta con un tema già affrontato dal maestro Perugino approfondendo lo studio prospettico che rimanda a un gusto classico.

Il soggiorno fiorentino (1504-08)

Alla fine del 1504 Raffaello raggiunge Firenze, pronto a confrontarsi con la grande arte rinascimentale; sa infatti che se vuole essere considerato un maestro deve conquistare la città culla della rinascita artistica.

Dall’inizio del nuovo secolo infatti la scena artistica fiorentina è dominata da Leonardo e Michelangelo, che proprio nell’autunno del 1504, in gran segreto, stanno lavorando ai cartoni con la Battaglia di Cascina (Michelangelo) e la Battaglia di Anghiari (Leonardo) per Palazzo Vecchio.

Raffaello non si perde d’animo: inizia studiando le opere di Fra Bartolomeo, maestro classicista che spiccava a Firenze per la grandiosità delle sue composizioni e per l’unità di colori. A questa fase artistica appartengono il Sogno del cavaliere (1503-04), la Madonna Connestabile (1504) e la Dama con l’unicorno (1505-06).

L’arte di Raffaello quindi si evolve, ma resta fedele al primato dell’ideale classico di bellezza, basato sulle leggi dell’armonia, della simmetria e dell’euritmia: gli elementi sono sempre disposti simmetricamente rispetto al centro e sono regolati da rapporti proporzionali, i movimenti e i gesti sono bilanciati.

Dalla fine del 1505 Raffaello si concentra sullo studio della “maniera leonardesca”, e in particolare sull’alternarsi di chiari e scuri, come esemplifica la Madonna del Granduca (1504), primissimo esempio dell’influsso di Leonardo sull’arte raffaellesca. Sempre dallo studio dell’arte di Leonardo, Raffaello fa sua una maggior ampiezza delle forme che si traduce in figure più monumentali, come testimoniano la Madonna del Cardellino (1506) e La Belle Jardinière (1507).

La Madonna del Belvedere (1506) invece ci rende esplicito lo studio condotto da Raffaello su Michelangelo; infatti la struttura piramidale delle tre figure e il loro imporsi sul paesaggio circostante ricordano quanto fatto da Michelangelo nel Tondo Doni. Raffaello ha sicuramente visto l’opera michelangiolesca, dato che nel 1507 Agnolo Doni gli commissiona il suo ritratto.

Anche nella Deposizione, pannello centrale della smembrata Pala Baglioni, realizzata nel 1507 per Atalanta Baglioni, si avverte l’eco di Michelangelo nella plasticità delle figure e nei moti contrapposti. La Deposizione è anche il primo quadro storico di Raffaello: questa innovazione, che l’artista perfezionerà a Roma, fa sì che la storia sia presentata nel suo svolgersi, e non più, come in tutta la tradizione precedente, già nel suo atto conclusivo. Anche questo spunto gli deriva da Michelangelo: infatti anche Michelangelo dà grande importanza all’azione, ma in modo diverso, considerandola sostanzialmente carica di energia, mentre la storia non gli interessa.

Opera conclusiva del periodo fiorentino di Raffaello è la Madonna del Baldacchino (1507-08), lasciata incompiuta per la repentina chiamata a Roma.

Il classicismo e la pittura storica

Raffaello non intende la storia come la sola illustrazione di un fatto: è da una parte l’ordine universale in cui l’uomo organizza gli avvenimenti, dall’altra l’azione che si presenta ai nostri occhi quando si cerca di recuperare nell’ordine generale il senso di una particolare esistenza. Quindi la vita umana è un’azione ordinata all’interno di un’architettura armonica in tutte le sue parti.

Questi concetti si traducono nell’arte di Raffaello nel rapporto tra disegno e colorito: la linea di contorno delle figure indica appunto questo loro essere inserite all’interno della storia, mentre il colore luminoso le caratterizza come individui diversi. La stessa ricerca si ritrova nelle espressioni: ogni espressione è da un lato legata all’azione che il personaggio sta svolgendo, dall’altro è l’espressione “ideale”. Per questa armonia degli individui con l’universo e per la pacatezza che traspare dalle opere di Raffaello, il maestro urbinate ha assunto il titolo di “maestro classicista”.

Il soggiorno romano (1508-20)

Dopo aver raggiunto una grande fama a Firenze, nel 1508 Raffaello si reca a Roma, chiamato da papa Giulio II Della Rovere. È possibile che Raffaello sia stato raccomandato al papa dall’architetto Donato Bramante, parente alla lontana e protettore dell’artista urbinate; dal 1506 Bramante stava lavorando alla fabbrica di San Pietro.

La Stanza della Segnatura

In ogni caso, papa Giulio II affida a Raffaello la decorazione della Stanza della Segnatura, che a quel tempo doveva essere la biblioteca privata del pontefice. La Stanza della Segnatura è la prima delle Stanze Vaticane affrescate da Raffaello; i lavori si estendono dalla fine del 1508 al 1511 e comprendono quattro affreschi principali, ideati dal papa e ripartiti nei temi di: teologia, filosofia, estetica e diritto.

Una delle pareti lunghe è occupata dalla Disputa del Sacramento (1509): è la prima scena realizzata e tratta il tema teologico. Il centro della scena è occupato dall’ostensorio con l’ostia consacrata, a cui corrisponde nella parte alta la rappresentazione della Trinità. La parte bassa è occupata dall’assemblea dei dottori della Chiesa. La scena rappresenta il mistero del Verbo incarnato.

La Scuola di Atene (1510), collocata sulla parete di fronte alla Disputa del Sacramento, tratta il tema filosofico. All’interno di una partitura architettonica classicizzante sono riuniti i saggi dell’antichità. La scena è dominata da Platone, con il braccio destro alzato a indicare il mondo delle idee, e Aristotele, con la mano destra parallela al suolo a indicare la concretezza del metodo sperimentale. Altre figure che si riconoscono sono: Socrate, Epicuro, Diogene, Pitagora, Averroè, Euclide, Tolomeo. Tradizione vuole che in alcuni di questi personaggi Raffaello abbia rappresentato artisti a lui contemporanei. Ad esempio nella figura di Eraclito si riconosce un ritratto di Michelangelo; la figura viene aggiunta alla metà del 1511, quando una parte della Volta della Cappella Sistina viene resa visibile, e per questo Raffaello vuole rendere omaggio a Michelangelo.

Il Parnaso (1511) tratta il tema estetico. Il Parnaso è il monte sacro ad Apollo, qui rappresentato intento a suonare la lira e circondato dalle muse e da grandi poeti di ogni tempo. Tra loro si riconoscono Omero, Virgilio, Dante, Saffo, Petrarca, Boccaccio, Sannazzaro e Ariosto, tutti artisti che hanno reso omaggio alla bellezza, che nasce su ispirazione divina.

La quarta parete rappresenta il tema del diritto e ha come rappresentazioni il Diritto e le Virtù (1511). Il diritto si concretizza nel Corpus Iuris di Giustiniano e nelle Decretali canoniche di papa Gregorio IX; la decorazione della parete prosegue con tre delle quattro Virtù cardinali (Fortezza, Prudenza, Temperanza) e con le tre Virtù teologali (Fede, Speranza, Carità), che devono ispirare la stesura del diritto.

Villa Farnesina

Con la Stanza della Segnatura, la fama di Raffaello cresce a dismisura anche a Roma, al punto che l’artista riceve moltissime commissioni, molte delle quali deve lasciare insoddisfatte.

Agostino Chigi, ricco banchiere di origine senese, proprio in quegli anni si era fatto costruire a Roma la Villa Farnesina da Baldassarre Peruzzi; si tratta della prima villa urbana edificata. Chigi commissiona a Raffaello la decorazione di alcuni ambienti.

Il Trionfo di Galatea (1511) è il primo affresco realizzato per il Chigi, nella Sala detta appunto di Galatea. Si tratta di un soggetto mitologico, in cui la ninfa è su un cocchio trainata da delfini e seguita da un corteo di creature mitiche; la scena è dominata da un forte senso di movimento e dalla sensazione di ariosità che si ha osservandola. Galatea è rappresentata nell’atto di voltarsi repentinamente verso i putti che dal cielo le scagliano frecce d’amore.

Sempre nella Villa Farnesina, Raffaello decora, successivamente, anche la Loggia di Psiche. Gli affreschi qui ritraggono Storia di Amore e Psiche, tratte dall’Asino d’oro di Apuleio; la decorazione risale al 1518-19 e vede un ampio intervento degli aiuti del maestro urbinate. Anche qui Raffaello si confronta con il tema mitologico, che già aveva affrontato con il Trionfo di Galatea.

Il ciclo si divide in due grandi storie centrali che simulano arazzi tesi, rappresentanti il Concilio degli dei e il Convito nuziale, dieci pennacchi in corrispondenza dei pilastri e quattordici vele sopra gli archi. Le scene sono inserite in un intreccio di festoni vegetali, opera dell’allievo Giovanni da Udine, che simulano un pergolato con festoni di fiori e frutta, dividenti la volta in scomparti, che hanno uno sfondo azzurro cielo. La presenza degli intrecci vegetali accresce il senso di continuum della loggia con il giardino.

La Stanza di Eliodoro

Nel 1512 Raffaello inizia a lavorare alla Stanza di Eliodoro, che aveva la funzione di sala di udienza; il messaggio che deve essere trasmesso attraverso gli affreschi, sempre commissionati da papa Giulio II, è la libertà della Chiesa, e per questo vengono rappresentati gli interventi di Dio in difesa della Chiesa.

Il motivo che sta alla base di questa scelta tematica è storico: nel 1511 Giulio II, ritratto da Raffaello proprio nel 1511-12, torna da una disastrosa guerra contro i francesi, costata la perdita di Bologna, la presenza di eserciti stranieri in Italia e lo spreco di grandi risorse finanziarie. Con questi affreschi il pontefice cerca quindi di riaffermare il potere della Chiesa contro “l’invasore”.

La Cacciata di Eliodoro dal Tempio (1512) è una scena mitica che rappresenta il Gran sacerdote Onia che prega affinché Dio fermi il ladro sacrilego Eliodoro; la presenza nella scena di papa Giulio II è un monito a chiunque saccheggi i tesori della Chiesa.

Il Miracolo di Bolsena (1512) rappresenta il miracolo della transustanziazione; si tratta di uno dei misteri che rendono imperscrutabile la mente divina e quindi che devono spingere l’uomo ad avere timore di Dio e della Chiesa.

La scena della Liberazione di San Pietro (1513) è tripartita per poter dare una consequenzialità temporale che narri l’evento nella sua interezza; anche in questo caso viene mostrato il potere di Dio, che attraverso i suoi angeli libera il prediletto dei suoi apostoli.

L’Incontro di San Leone Magno con Attila (1514) è una fusione tra episodio storico e leggenda. Nel 452 Attila invade l’Italia puntando su Roma, ma papa Leone va a incontrarlo sul Mincio, nei pressi di Mantova, e lo persuade a tornare indietro. Secondo la leggenda Attila decide di rinunciare alla conquista di Roma non tanto per le parole del pontefice, ma perché vede nel cielo i Santi Pietro e Paolo armati.

Nel 1513 muore Giulio II Della Rovere e gli succede al soglio pontificio Leone X de’ Medici, che sarà a sua volta grande committente di Raffaello.

La Stanza dell’Incendio di Borgo e il progetto per la Basilica di San Pietro

La Stanza dell’Incendio di Borgo, con funzioni di sala per ricevimenti di poche persone, viene decorata tra il 1514 e il 1517, con un ampio intervento della bottega di Raffaello.

Nel 1514 infatti muore Bramante, e papa Leone X affida a Raffaello il completamento dei lavori architettonici alla fabbrica di San Pietro, che procedono a rilento perché il nuovo pontefice è più interessato alla decorazione pittorica che al rinnovamento architettonico del Vaticano; Raffaello restituisce alla Basilica di San Pietro la pianta longitudinale, immaginando una basilica a cinque navate su cui si innesta la cupola già realizzata dal Bramante.

Tornando alla Stanza dell’Incendio di Borgo, qui gli affreschi celebrano le gesta di antichi pontefici di nome Leone, per glorificare e celebrare il nuovo papa Leone X.

Le scene dell’Incendio di Borgo (1514-17) e della Battaglia di Ostia (1514-17) spiccano per drammaticità e moto plastico delle figure.

L’Incoronazione di Carlo Magno (1514-17) è invece veicolo di un messaggio politico: la rinnovata alleanza tra la Santa Sede e la Francia, che sotto il pontificato di Giulio II si erano scontrate.

Conclude la decorazione la scena del Giuramento di Leone III (1514-17).

Gli arazzi per la Cappella Sistina

Il papa Leone X commissiona a Raffaello l’esecuzione di cartoni per gli arazzi che dovevano decorare la parte bassa delle pareti della Cappella Sistina, la cui volta era già stata terminata nel 1512 da Michelangelo. Raffaello esegue dieci cartoni tra il 1515 e il 1516 rappresentando scene tratte dagli Atti degli Apostoli; le più note sono la Pesca miracolosa (1515-19) e San Paolo che predica ad Atene (1515-19).

I cartoni vengono mandati a Bruxelles, presso la bottega di Pieter van Aelst, la più celebre manifattura d’Europa, e vengono consegnati alla Santa Sede il 26 dicembre 1519, il giorno di Santo Stefano.

Queste scene spiccano per preziosità dei materiali, infatti le bordure sono tutte tramate d’oro, e per il naturalismo. Le figure sono connotate nel fisico e nelle espressioni e il paesaggio che le circonda è reso con grande verosimiglianza. L’abilità qui è sia di Raffaello che della manifattura che riesce a realizzare gli arazzi rispettando i disegni dell’urbinate.

La Sala di Costantino

La Sala di Costantino nasce con la funzione di ospitare cerimonie prestigiose e la sua decorazione celebra il trionfo della Chiesa cattolica nella storia. Raffaello inizia a lavorare a questa stanza nel 1519; alla sua morte il lavoro viene portato avanti dai suoi allievi Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, che concludono la decorazione su progetto iconografico di Raffaello intorno al 1524.

Tutte le scene celebrano Costantino, l’“imperatore cristiano”: gli affreschi infatti rappresentano l’Apparizione della Croce, la Battaglia di Ponte Milvio, il Battesimo di Costantino e la Donazione di Roma.

Le Logge Vaticane

Raffaello, Logge Vaticane, 1518-19
Raffaello Sanzio, Logge Vaticane, 1518-19

Le Logge Vaticane vengono progettate da Bramante, e alla sua morte come architetto subentra Raffaello. Al maestro urbinate è affidata anche la decorazione di questo spazio, eseguita tra il 1518 e il 1519. Le scene rappresentate, definite “Bibbia di Raffaello”, rappresentano alcuni brani delle Sacre Scritture; le immagini, presenti sulle volte, sono racchiuse in una quinta architettonica che delimita lo spazio della narrazione e crea una continuità ritmica.

La velocità di esecuzione di questi affreschi si spiega con l’ampio intervento della bottega: Raffaello infatti mette a punto il progetto iconografico e realizza i disegni, poi messi in opera dai suoi allievi.

 

Raffaello architetto

Raffaello non è solo un pittore, ma anche un architetto. Abbiamo già ricordato che alla morte di Bramante viene nominato “magister operis” di San Pietro.

Raffaello, progetto per Villa Madama, 1518
Raffaello Sanzio, progetto per Villa Madama, 1518

Ma non è l’unica opera architettonica in cui Raffaello si cimenta. Per ricordare solo la sua opera più nota, Raffaello progetta Villa Madama a Roma, alle pendici di Monte Mario, su incarico di papa Leone X e del cardinale Giulio de’ Medici; i lavori iniziano nel 1518 e restano incompiuti alla morte dell’urbinate. Questa villa ha un’impostazione rinascimentale con un forte richiamo all’antico, come evidenzia la struttura con il cortile centrale; l’equilibrio dell’edificio con lo spazio circostante è chiaro se si nota il costante gioco spazi chiusi/spazi aperti che si articolava in un susseguirsi di stanze e porticati. Villa Madama resta incompiuta e viene poi danneggiata durante il Sacco di Roma del 1527.

 

I dipinti

Oltre alle grandi commissioni, Raffaello è sempre impegnato con dipinti di più piccolo formato commissionatigli da privati.

Tra i dipinti sono da ricordare i ritratti, genere in cui Raffaello porta notevoli innovazioni, quali l’uso di un punto di vista ribassato e l’approfondimento psicologico del personaggio, come si può vedere nel Ritratto di Giulio II (1511-12).

Un altro ritratto molto importante è La Fornarina (1518-19), in cui forse Raffaello ritrae la sua amante; il termine “fornarina” indica la sensualità della donna. Sulla base di questa etimologia, gli studi hanno visto in questo ritratto la rappresentazione del concetto neoplatonico della Venere celeste, cioè l’amore che eleva gli spiriti; questo concetto ha il suo corrisponde in La Velata (1516), che rappresenterebbe la Venere terrestre, cioè l’amore terreno.

Anche nelle pale d’altare Raffaello introduce innovazioni, come evidenzia la Madonna di Foligno (1511-13), in cui si nota la divisione della pala in una sezione superiore e in una inferiore, entrambe legate dall’unità cromatica. Nella Madonna Sistina (1513-14) la sensazione di movimento della Vergine è suggerita dalle tende scostate che fanno da quinta architettonica e che suggeriscono un’apparizione fulminea.

All’uso privato è destinata la Madonna della Seggiola (1513-14), in cui il focus dell’opera è incentrato sull’affetto che lega i personaggi.

Un’altra origine ha invece la Trasfigurazione: nel 1516 il cardinale Giulio de’ Medici mette in competizione Raffaello e Sebastiano del Piombo, chiedendo loro una pala per la cattedrale di Narbona, sua sede vescovile. Raffaello lavora a rilento a questa commissione, tanto che alla sua morte la parte inferiore non è completa e viene terminata da Giulio Romano. Raffaello fonde l’episodio della Trasfigurazione, in alto, come la Guarigione dell’ossesso, che occupa la parte bassa; mentre la parte superiore è simmetrica e serena, la parte inferiore è concitata e piena di personaggi. Il centro però è in entrambe le parti occupato dall’epifania divina: Cristo trasfigurato e l’ossesso guarito, a indicare quale sia l’argomento centrale dell’opera.

La morte

Raffaello muore il 6 aprile 1520, il giorno del suo trentasettesimo compleanno, dopo una decina di giorni di malattia. La sua morte suscita il cordoglio del mondo culturale romano. Viene sepolto nel Pantheon e Pietro Bembo compone il suo epitaffio:

“Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci

rerum magna parens et moriente mori”

“Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’esser vinta,

ora che egli è morto, teme di morire”

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