Lars von Trier #3

La trilogia incompiuta: USA – Terra delle opportunità

Scenografia di Dogville, 2003
Vista dall’alto della scenografia di Dogville, 2003

Con gran tristezza ma ugualmente felici di parlarvi di Lars von Trier, concludiamo la trilogia a lui dedicata con ciò che vi avevamo anticipato negli articoli precedenti. Oggi infatti parleremo di quella che sarebbe dovuta essere la sua quarta trilogia, USA – Terra delle opportunità, sebbene non si sia mai recato nella presunta terra delle speranze a causa delle sue fobie.

Osserviamo ora nel dettaglio quel che da un personale punto di vista ritengo sia il suo maggior capolavoro in assoluto: Dogville (2003).

 

Premessa

Al contrario delle trilogie precedenti, e nonostante i temi trattati sembrino separati, c’è una continuità scenografica e stilistica, sia nei personaggi, con Grace, la protagonista, un’idealista che non trova conforto in un mondo sulla soglia della ripresa economica ma senza speranze a livello umano, sia nel tempo, in quanto Manderlay (2005) inizia ripartendo dall’addio a Dogville (2003).

Entrambi i capitoli sono girati con un approccio minimalista, ambientati su un palco spoglio con elementi scenografici quasi del tutto assenti. I vari edifici sono delimitati da linee di gesso con una dicitura all’interno, sempre in gesso, a identificare la struttura. All’interno degli spazi è possibile trovare alcuni elemento scenografici, per lo più arredamenti spogli, a caratterizzare i vari ambienti.

Questa tecnica rende lo spettatore onnisciente in una sola inquadratura, vedendo oltre ai personaggi designati in una determinata scena, ciò che i personaggi di contorno, o fuori campo, compiono  in quel determinato momento.

Cast in Dogville, 2003
Il cast in scena in un fotogramma di Dogville, 2003

Il contesto della trilogia è il post crisi economica del 1929. La nazione sta faticosamente cercando di ripartire, tentando di riacquistare una condizione di equilibrio. Lars ce la mostra sia attraverso la povertà della scenografia sia nel comportamento dei personaggi, mentre al contrario nelle grandi città lo strapotere della criminalità organizzata si fa sempre più forte. Il pubblico non può far altro che assistere passivamente al macabro e assurdo sviluppo di questa nuova società.

Ci sono molti accenti provocatori in questa trilogia. In particolare i sani principi vengono demoliti con l’obiettivo di sconvolgere lo spettatore nel più profondo del suo essere. Al stesso tempo il maestro Lars ci insegna che è possibile costruire dei film capolavoro con solo: il costo degli attori, un palco e tanta, tantissima genialità. Un’inconsueta drammaticità presentataci con gli strumenti più semplici di una scenografia teatrale, violando quasi tutte le regole del Dogma.

Dogville – Un genio cattivo

Grace, Nicole Kidman, Dogville, 2003
Grace, interpretata da Nicole Kidman in Dogville, 2003

Dogville è il primo capitolo della trilogia: una cittadina dove l’immorale regista, nel contesto sopraccitato, intreccia in un labirinto passioni represse, voglie mai sfogate, ipocrisie, odiosità e umiliazioni. La falsità della gente è destinata a sfociare nella società moderna dei nostri tempi, atroce ma allo stesso tempo magnifica parabola sui rapporti sociali.

Film ricco di significati, non solo nella scelta del titolo – Dogville significa Città dei cani. Nel linguaggio biblico “cane” è inteso come uomo dedito alla prostituzione – ma anche i nomi dei personaggi sono sempre pregni di riferimenti biblici, quasi a riportarci in una sorta di Sodoma e Gomorra. Dogville è la metafora di ogni cosa.

Vietato perderlo, da seguire fino all’ultimo respiro in quanto tutto può accadere nei film di Lars fino a che non compare la parole “FINE” – di cui un chiaro riferimento lo avremo anche in Nymphomaniac (2011).

Dogville

Questo film trasgredisce le aspettative del pubblico, sia sul piano della storia, sia nel modo di raccontarla.

Inizia con un’atmosfera fiabesca, dove i vari capitoli e le gesta dei personaggi vengono introdotte da un narratore esterno onnisciente. Per circa 90 minuti – il film ha una durata totale di tre ore circa, anche se inizialmente erano quattro ma si scelse di tagliare per non ripetere The Kingdom – la storia è talmente lineare e quasi monotona da far sospettare allo spettatore che non accada nulla di emozionante.

Qui von Trier sconcerta di nuovo tutti. Il film prende una piega inaspettata, talmente macabra che ci fa vergognare di appartenere al genere umano. Ci fa provare la rabbia repressa che la protagonista non vuole mostrare, facendoci sperare in una possibile via di fuga talmente forte e grottesca è l’ingiustizia subita. Grace, interpretata da Nicole Kidman, è in cerca di un riscatto personale e sottoposta ad un’oppressione psicologica, economica e sessuale. A qualcuno questa sorta di rabbia può dare fastidio, ma si tratta di un fastidio salutare, e non per niente Lars è definito un genio cattivo.

 

In questo capitolo il regista sembra quasi voler riproporre le eroine sacrificali dei film precedenti, ma ribaltandone completamente le sorti quando viene rivelata la vera Grace, costretta ad un ritorno alle origini tanto disprezzate. Lo sconcerto dura fino alla fine, lasciandoci col fiato sospeso e allo stesso tempo confortati dal sapere che si tratta solo del primo capitolo di una trilogia che continua due anni dopo con Manderlay (2005).

Manderlay – Il continuo fallimento dei buoni propositi

Von Trier, Manderlay, 2005
Lars von Trier, Manderlay, 2005

Manderlay è un gioco di parole a identificare “Man underlay”, uomini sotto la legge di un’anziana negriera.

Se in Dogville ci viene mostrato come la protagonista, a causa del suo idealismo, disgustata dall’abuso di potere, si trova costretta a cercare in esso un’ancora di salvezza, in Manderlay ci viene mostrato ancora una volta come le sue idee vengono intese solo apparentemente, per poi tornare a venire perseguitata a causa del suo idealismo e obbligata ad accettare ancora una volta il fallimento dei suoi buoni propositi e a fuggire.

Nel cast, Brice Dallas Howard sostituisce Nicole Kidman nel ruolo di Grace e con lei anche il padre, James Caan, viene sostituito da Willem Dafoe, fedele compagno di Lars.

Manderlay

In questo film troviamo Lars von Trier polemico e più che mai politically uncorrect – cosa di cui si vanta, affermando che “in politica non si può essere correct” – su un tema alquanto delicato, cercando di riproporre il contesto della Guerra in Iraq e nello specifico il tentativo fallimentare degli Stati Uniti di esportare la democrazia con la forza. Tutto ciò vivendo ancora nei panni di Grace che, dopo essere scappata dalla cittadina di Dogville, si ferma in Alabama, a Manderlay, dove la schiavitù regna sovrana.

Anche qui ritroviamo una sorta di lotta contro l’abuso di potere, ma al contrario di Dogville abbiamo ben chiara la situazione sin da subito. Non è una chiarezza apparente e non c’è un cambiamento brusco e improvviso, ma la morale, l’approccio al cambiamento da parte dei personaggi e il finale sono tanto imprevedibili quanto macabri e, in un certo senso, preoccupanti.

Anche la scenografia è simile, ma il pavimento è bianco invece che nero, per far risaltare gli attori di colore, cioè gli schiavi.

Von Trier, Scenografia di Manderlay, 2005
Lars von Trier, Fotogramma con vista sulla scenografia di Manderlay, 2005

All’interno del cast, Glover e Isaak de Bankole’ si dichiarano orgogliosi di avere partecipato a questo film, contrastando per una volta le continue voci dei cattivi rapporti tra Lars e i suoi attori.

Washington – La trilogia incompiuta

La trilogia sarebbe dovuta terminare con Washington, film su cui aleggia una totale aria di mistero, sia sulla storia, sia sulla data di uscita, inizialmente prevista per il 2007 ma ancora ad oggi non si sa nulla sugli inizi dei lavori.

 

Aspettando con ansia il termine di USA – Terra delle opportunità – se ci sarà – e l’uscita ufficiale di The House that Jack Built – a cui ArtPassion non mancherà di dedicare un ulteriore spazio dopo l’uscita nelle sale il prossimo ottobre – vi diamo appuntamento al prossimo articolo.

Arrivederci Lars, che solamente con il tuo essere ci hai permesso di raccontare tutto ciò.

A Lars von Trier, uno di quei personaggi destinati a rimanere nella storia del cinema o perché amati o perché detestati, dove molti lo criticano perché il suo è un cinema vecchio, vuoto, artificioso, pseudofemminista, machista e bugiardo. Ma che sicuramente non lascia indifferenti.

Lars von Trier
Lars von Trier

FINE

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