Novità nei musei

Mostre multimediali: rinnovamento dell’arte o sua definitiva morte?

Da alcuni anni si stanno facendo strada nel mondo dell’arte le mostre multimediali. Queste esposizioni, che hanno velocemente scalzato tutti gli altri eventi culturali in termini di apprezzamento e profitto economico, si caratterizzano per esporre opere che fisicamente sono da un’altra parte.

Mostra Van Gogh Alive
Mostra Van Gogh Alive, Roma

Tutto è iniziato nel 2015, con la mostra Van Gogh Alive, proposta da una società australiana e rapidamente portata in tutto il mondo, Italia compresa. Da allora il numero delle esposizioni multimediali è aumentato esponenzialmente, trattando, finora, alcuni maestri indiscussi come Caravaggio, Klimt, Chagall e Giotto, solo per fare alcuni nomi. Il successo di pubblico è assicurato, queste rassegne sono veri e propri eventi mondani, e non ricordano per niente le loro vecchie sorelle, le mostre tradizionali, nelle quali i visitatori erano pochi e i corridoi della sede espositiva quasi deserti, nelle quali ci si poteva godere le opere con tutta calma perché si era in quattro gatti.

Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e perché sono nate.

Le mostre multimediali, anziché esporre le opere vere, reali, espongono delle fotografie, ad altissima risoluzione e ingrandite migliaia di volte, sulle pareti della sede espositiva. Il visitatore, camminando nelle sale, si trova completamente circondato dalle opere o da dettagli di esse, di solito con un sottofondo sonoro che accentua l’aspetto emozionale. Le opere proiettate si muovono, si avvicinano, coinvolgono lo spettatore. Non è un caso se tutti coloro che hanno visitato questo tipo di mostre ne ricordano soprattutto l’impatto emotivo.

Queste esibizioni si basano sull’utilizzo della tecnologia come mezzo per diffondere le immagini di secoli fa, di quei grandi maestri di cui tutti conosciamo il nome ma spesso poco di più. Non c’è bisogno di macchinari troppo complessi, e la proiezione si può adattare a ogni sede espositiva.

La scelta è evidentemente di carattere economico, o almeno così era all’inizio. L’organizzazione di una mostra è una questione molto dispendiosa per diversi fattori. Prima e più rilevante voce di spesa il prestito delle opere, con relativa assicurazione. Oltre al costo si tratta di una faccenda spinosa e fastidiosa: bisogna fare la richiesta al museo in questione, bisogna elencare le caratteristiche della sede in cui si vuole collocare l’opera, bisogna assicurare il mantenimento di temperatura e umidità idonee (eh già, perché i quadri soffrono tanto sia gli sbalzi che qualche grado sbagliato rispetto ai 18°C che li fanno stare bene), bisogna prendersi la responsabilità di opere di inestimabile valore. E poi c’è il costo del trasporto, dell’allestimento, dei sistemi di allarme, tutte le questioni assicurative e una quantità elevatissima di personale da stipendiare per controllare che nessuno non solo rubi i quadri, ma ci si avvicini, li tocchi o cose del genere.

Economicamente le mostre multimediali sono una svolta. Bastano alcuni proiettori e casse per la musica; un cd o una chiavetta usb sono l’unico supporto necessario. Certo, bisogna pagare per i diritti di riproduzione delle opere, ma è una spesa decisamente più bassa di quelle elencate prima.

Dal punto di vista del fruitore, queste esposizioni sono migliori perché eliminano la sensazione di lezioncina che tanti hanno entrando in luoghi di cultura. È praticamente come un cinema in cui invece di stare seduti si cammina. Anche emotivamente è un vero e proprio cinema: lo spettatore viene portato ai sentimenti che vuole chi ha ideato la proiezione. Si esce con una sensazione molto simile a chi ha visto un film; magari un po’ più forte per la consapevolezza che quell’artista è vissuto realmente. Si esce con il vuoto di non aver vissuto completamente l’esperienza come chi guarda uno spettacolo di teatro alla televisione.

Dai numeri, le mostre multimediali provano che non sono un evento ma ci accompagneranno ancora per molto tempo. Costano poco e attraggono molta gente. Soprattutto molta gente che non sarebbe mai andata a un evento culturale tradizionale.

Come storica dell’arte, la mia posizione riguardo a queste esposizioni è un po’ contradditoria. Da un lato aver avvicinato a questo mondo il grande pubblico è sicuramente un pregio. Dall’altro sono mostre snaturate: sono mostre senza opere!

Già, perché chi come me adora vagare liberamente tra i quadri e poterli ammirare osservando ogni particolare, magari anche quelli normalmente considerati irrilevanti, nelle mostre multimediali rimane inevitabilmente deluso. Lo sguardo dello spettatore è accompagnato, o forse costretto, a osservare particolari e dettagli decisi a tavolino da chi ha preparato la proiezione. Il tempo di osservazione anche, così come l’ordine osservativo delle opere. Tutti piccoli dettagli che alla fine possono quasi dare fastidio. L’arte viene esposta in un modo univoco, e lo spettatore vede solo quello che è stato deciso che veda.

Inoltre ho qualche dubbio sulla capacità delle mostre multimediali di adattarsi a ogni autore. Vi faccio un paio di esempi concreti. I primi artisti che hanno visto esporre le proprie opere in questo modo sono stati Van Gogh e Caravaggio. Due maestri che a mio avviso meno di tutti si prestano a una proiezione, piatta e privata di componenti fondamentali. Sul supporto bidimensionale della parete non si possono apprezzare le pennellate cariche di Van Gogh, quelle che rendono i suoi quadri tridimensionali con colori spessi anche un centimetro; e perdere questo elemento significa perdere la spinta creativa del buon vecchio Vincent, perdere il pathos, il dolore, il suo bisogno di comunicare con qualcuno oltre e attraverso la tela.

Mostra Caravaggio Oltre la tela
Mostra Caravaggio Oltre la tela, Milano

Per Caravaggio il discorso è un po’ diverso. In questo caso non si tratta di perdere parte dell’emozione trasmessa, ma di perdere un elemento fondamentale del suo processo creativo, che ne ha fatto un sovversivo ai suoi tempi e un genio ai nostri tempi. Caravaggio non eseguiva il disegno preparatorio: una mancanza disdicevole al suo tempo. Invece usava la parte finale del pennello per incidere alcune linee sulla tela, in modo da avere un’idea di dove collocare le singole figure. Guardando le sue tele dal vivo questi “graffi” si possono vedere, e lo spettatore può immaginare l’artista seduto di fronte al cavalletto nell’atto di decidere come costruire la composizione. In una proiezione questo non si può vedere. O meglio, si può vedere con la proiezione di un dettaglio infinitesimale, ma a quel punto non si capisce più di che opera e di quale dettaglio dell’opera si stia parlando.

Ciò che più mi disturba è il fatto che questo tipo di esposizione sottrae alla vista del pubblico metà dell’arte: la sua componente materiale. L’arte è fatta da idea e materia, da un concetto che permea il concreto fino a dargli una forma precisa per significare l’idea. Osservare il materiale, osservare il supporto scelto, il tipo di trattamento a cui è stato sottoposto, la stesura dei colori, lo spessore del pigmento, lo studio della luce…tutte queste cose non si possono vedere in una proiezione.

La mostra multimediale cerca di rispondere ai bisogni di un pubblico sempre più passivo, ormai abituato a vedere le cose proiettate su uno schermo e non più a osservare cercando ciò che gli interessa. Si tratta di un’ottima occasione per far conoscere alcuni maestri, magari meno noti, della nostra storia, ma è importante che non sia l’unica esperienza estetica. Sarebbe bello se diventasse un preludio alle mostre artistiche che espongono i quadri, e non solo fantasmi di essi.

 

 

 

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