Tanti auguri a…Previati!

Gaetano Previati (Ferrara, 31 agosto 1852 – Lavagna, 21 giugno 1920)

Il più grande artista che l’Italia ha avuto da Tiepolo ad oggi” – Umberto Boccioni, 1916.

Previati, Autoritratto, 1911
G. Previati, Autoritratto, 1911

Gaetano Previati nasce il 31 agosto 1852 in una famiglia della piccola borghesia di Ferrara. Nella città natale compie i primi studi artistici, iscrivendosi alla Scuola di Belle Arti, dove ha tra i suoi insegnanti Gerolamo Domenichini e Giovanni Pagliarini, considerati due degli artisti più importanti del panorama ferrarese, autori il primo di una pittura storica e il secondo esperto ritrattista. Nel 1873 deve interrompere gli studi perché viene chiamato al servizio militare a Livorno, dove resta fino al 1876.

Questa occasione spinge Previati ad allargare la sua conoscenza artistica, e quindi nel 1876, al termine del servizio militare, decide di fermarsi a Firenze e continuare nella capitale artistica i suoi studi. Trascorre qui alcuni mesi, durante i quali frequenta lo studio di Amos Cassioli, artista noto per le sue opere di soggetto storico e classico.

Nel 1877 continua le sue “peregrinazioni artistiche” trasferendosi a Milano, dove studia all’Accademia di Brera fino al 1880. Nella città lombarda ottiene il primo riconoscimento: è il 1879 infatti quando il suo quadro Gli ostaggi di Crema (1879) ottiene il primo premio al Concorso Legato Canonica, grazie ai forti contrasti luministici che rivelano una vicinanza allo stile romantico. Il primo successo di pubblico arriva invece l’anno successivo, nel 1880, con l’opera Cesare Borgia a Capua o Il Valentino (1879-80), che l’artista invia alla Nazionale di Torino.

La fase milanese

Dopo i primi successi, Previati decide di trasferirsi definitivamente a Milano nel 1881. Qui la grande città, con i suoi fervori artistici, lo coinvolge completamente, portandolo ad avvicinarsi alla corrente artistica che a quel tempo dominava la città lombarda: la Scapigliatura. In linea con questo movimento artistico, Gaetano Previati inizia a lavorare a opere connotate da temi patriottici, storici e melodrammatici, come Paolo e Francesca (1887 circa), ma anche temi religiosi, ad esempio gli affreschi della Via Crucis nel cimitero di Castano (1888). Si tratta di un esordio totalmente in linea con la cultura milanese, allora ancora legata al romanticismo storico. Ma la svolta è dietro l’angolo.

Il Divisionismo

Nella seconda metà degli anni ’80 Previati partecipa a numerose esposizioni che gli permettono di iniziare a far girare il suo nome. Ancora lontano dal successo e dal conseguente benessere economico, non dovrà però aspettare molto: proprio in questi anni conosce infatti Vittore Grubicy, mecenate e mercante d’arte che lo prenderà sotto la sua ala protettrice. I due stipuleranno anche un contratto di lavoro nel 1899, ma il loro legame di amicizia sarà molto più importante. È infatti Grubicy ad aprire Previati alla cultura europea, e a spingerlo al passo che ha fatto passare alla storia il suo nome.

La voglia di rinnovare se stesso e la sua arte e la curiosità per i movimenti artistici contemporanei, spingono infatti Previati ad interessarsi al Pointillisme che in quegli anni aveva preso piede in Francia. Movimento postimpressionista che ha come obiettivo la rappresentazione puntuale della realtà, scomposta in infiniti puntini accostati tra loro per rendere la luce e il colore di ciò che ci circonda. Nato come movimento artistico “scientifico”, si dimostra essere più empirico di quanto avrebbe voluto: non si basa infatti su elementi matematici, come dimostra l’assenza di prospettiva, ma piuttosto rende la sfaccettatura delle cose reali quando sono colpite dalla luce.

Previati, Maternità, 1890-91
G. Previati, Maternità, 1890-91

Gaetano Previati parte da qui per elaborare uno stile unico: unisce infatti a questa tecnica, che poi in lui vedrà un’evoluzione sostituendo ai puntini delle linee filiformi che rendono il senso di movimento, tematiche intimistiche quasi simboliche, riuscendo così a creare quadri di una delicatezza inaudita. Nel 1891 espone alla prima Triennale dell’Accademia di Brera Maternità (1890-91), opera manifesto del Divisionismo che verrà fortemente criticata in patria quanto apprezzata all’estero, al punto da valergli l’invito ad esporre al Salon de la Rose-Croix a Parigi nel 1892, dove viene in contatto con il Simbolismo europeo.

Seguono altri riconoscimenti: dal 1895 al 1914 infatti è invitato a partecipare alla Biennale di Venezia, dove nel 1901 e nel 1912 è presente con due mostre personali, mentre nel 1907 partecipa all’allestimento della “Sala del sogno” della VII edizione dell’evento lagunare.

L’apertura all’Europa e gli ultimi anni

All’inizio del nuovo secolo, Previati si lascia influenzare dai fratelli Grubicy, che lo spingono verso una dimensione più continentale e sempre meno nazionalista della sua arte. Partecipa quindi alle rassegne dei grandi movimenti avanguardistici di inizio secolo: nel 1902 alla Secessione di Berlino e nel 1905 alla Quadriennale di Monaco. Nel 1907, su iniziativa di Alberto Grubicy, è presente a Parigi alla mostra Salon des peintres divisionnistes italiens, dedicata al divisionismo italiano.

In questi anni ottiene anche importanti commissioni e realizza opere fondamentali per l’arte italiana: Il sogno (1912), capolavoro simbolista, e il ciclo per una sala da musica commissionatogli da Alberto Grubicy ora al Vittoriale di Gardone Riviera in seguito al passaggio nella collezione di Gabriele D’Annunzio alla morte di Grubicy.

Negli ultimi anni, Previati soggiorna sempre più spesso a Lavagna, in Liguria; la sua pittura si concentra sul tema naturalistico e sulla ripresa di alcuni soggetti già trattati in gioventù.

Dopo i gravi lutti familiari dovuti alla perdita di un figlio e della moglie, Gaetano Previati muore a Lavagna il 21 giugno 1920, a 67 anni.

Un grande pensatore che non si limitò alla pittura: si espresse anche attraverso le illustrazioni realizzate per i Racconti di Edgar Allan Poe (1887-90) e per I Promessi Sposi di Manzoni (1891-96), e rese esplicito il suo pensiero in numerosi trattati, in cui spiegava la sua pittura per renderla universale ed eterna.

 

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