Il teatro di Oscar Wilde

The importance of being Earnest

O. Wilde, 1882
Oscar Wilde, 1882

“L’uomo è più sincero quando si nasconde dietro una maschera”

“(…) non è saggio mostrare al mondo il proprio cuore. Ma come la serietà dei modi è il travestimento del buffone, la “follia”, nelle sue squisite forme, è il manto dell’uomo saggio.” – Wilde, The Truth of Masks, 1885.

“Solo i superficiali non giudicano dalle apparenze”

Prima di leggere le opere di Wilde occorre ripercorrere la sua vita, la formazione, le esperienze, aperti ad accettare il vissuto dell’autore senza ignorare il suo dramma e senza nemmeno privilegiare l’aspetto puramente biografico dei suoi testi.

L’arte comincia dove finisce l’imitazione. La vita è il solvente che distrugge l’arte. La vita imita l’arte ben più di quanto non faccia l’arte con la vita.

Fu proprio Wilde a offrire la sua stessa vita come prova per assurdo delle sue parole, come il capace narratore che ogni sera intratteneva la gente del suo villaggio, raccontando esperienze straordinarie che mai aveva vissuto, finché una tragica disavventura non ne ammutolì l’eloquio.

“La critica è la forma più alta di autobiografia”

Per giungere a questa affermazione, Wilde segue il lavoro di due opposti: Walter Pater e John Ruskin. Entrambi esponenti della bellezza, mostrano a Wilde non solo due dottrine differenti ma anche due lessici diversi. Ruskin parlava di fede, di coscienza, di una bellezza collegata al bene. Pater parlava di misticismo, d’immaginazione e di una bellezza che quanto meno sfiorava il male.

Mentre per Ruskin il vizio veniva stigmatizzato, Pater lo blandiva quale frutto della sregolatezza. Separazione e fusione a contrasto. I saggi di Pater portavano sempre a glorificare una cosa: l’amicizia virile. Il rinascimento insegnava che il compito dei maschi era quello di perpetuare la tradizione, mano nella mano. Ruskin, dal canto suo, rifiutava di conferire sacralità all’omosessualità solo per il fatto di essere praticata ad Atene. Per Ruskin infatti il decadimento della società greca fu proprio causato dalla corruzione del sentimento nei confronti della donna e l’eccessiva ammirazione per la bellezza virile.

Questi due araldi portarono Wilde in due direzioni completamente opposte per mettersi inconsapevolmente a nudo tanto da confermare la sua stessa affermazione: “La critica è la forma più alta di autobiografia”. Mentre uno stigmatizzava, l’altro in pari tempo lusingava. Un postcristiano e un postpagano, un sublime fanatico e un cauto osservatore. Nessuno dei due poteva costringere Wilde a seguire incondizionatamente una strada o l’altra.

Da Dorian a Earnest

Siamo dopo il 1885, nell’età compresa tra i trenta e i quarant’anni di Wilde. L’autore, riferendomi al suo status sociale, vive una situazione molto moderna: il suo matrimonio finisce. Pubblica The picture of Dorian Gray nel 1890. Inizia la relazione con Lord Alfred Douglas. Pubblica The importance of being Earnest nel 1894.

Dorian Gray diventa un libro fatale. Considerato il testo più vicino all’autobiografia dell’autore, il protagonista è un eroe faustiano che sacrifica la propria vita per la conoscenza, un fantasy noir dove un ragazzo deteriorato dal vizio realizza il proprio desiderio di giovinezza eterna. Un romanzo che ci mostra impietosamente le maschere che portiamo come volti e i volti che portiamo come maschere.

The importance of being Earnest è invece una commedia dove l’identità è qualcosa di fittizio e instabile, facilmente acquisibile e scaricabile con noncuranza. La pièce è una satira dell’aristocrazia del tempo, ricca di humour e nonsense ma con una forte amarezza di fondo. La vita è una cosa troppo seria per poterne parlare apertamente e questo testo dichiara francamente – da qui il titolo in italiano – come per Wilde la vita sia solo una beffa. Mentre nelle sue precedenti commedie l’autore si batteva, amareggiato ma tuonante, contro la società, in quest’ultima Wilde accetta l’insolubità dei conflitti e lascia che a dominare la pièce sia il paradosso volto ad abbracciare due diversi punti di vista invece di opporli.

Wilde e Douglas Bosie
Wilde e Alfred Douglas

In teatro l’opera ottiene un gran successo ma quando Lord Queensberry decide di intervenire per denunciare lo scandalo è il giorno di San Valentino del 1895. L’attacco verrà respinto ma pochi giorni dopo, ricevuta una lettera del Lord recante “To Oscar Wilde posing as a sodomite”, l’autore reagirà con l’impulsività che tanto lo caratterizza.

Purtroppo ha inizio la parabola discendente, iniziano le accuse e i processi che porteranno Wilde alla condanna a due anni di carcere e lavori forzati. Durante il processo lo scrittore non smetterà mai di nobilitarsi per difendere la propria causa.

La castità è avere il corpo in armonia con l’anima. Solo nel disaccordo è il vizio. (…) L’amore che non osa pronunciare il suo nome è in questo secolo il grande affetto di un uomo maturo per uno più giovane, (…) è la forma d’affetto più nobile. Non ha nulla d’innaturale. (…) il mondo non lo capisce. Il mondo lo deride e a volte per questo mette qualcuno sulla gogna.

E questo fu esattamente il trattamento che venne applicato durante il trasferimento dal carcere di Londra a quello di Reading, dove venne lasciato esposto in abiti da forzato e con le manette ai polsi sulla piattaforma ferroviaria circondata da un pubblico sghignazzante.

Finalmente libero nel 1897, Wilde ritorna attraverso tre maschere protagoniste del suo multiforme dramma. Sebastiano Melmoth, protagonista del dramma The ballad of Reading Gaol, vedrà la luce nel 1898, firmato C.3.3., sigla carceraria del detenuto Wilde. Si tratta della meditazione sulla morte da parte di un omicida. Il pensiero di Wilde è infatti quello di un poeta dilaniato dalla sconvolgente realtà di un omicidio legalizzato e giustificato dalla Chiesa.

Oscar Wilde continuerà la perenne ricerca della joie de vivre scendendo e risalendo la penisola italiana per poi fare ritorno a Parigi, dove morirà il 30 novembre del 1900.

The importance of being Earnest

O. Wilde, The Importance of Being Earnest, 1895
O. Wilde, The Importance of Being Earnest, 14 febbraio 1895

L’opera di Wilde, forse la sua opera migliore, è una commedia degli equivoci, sfruttata abilmente da un gioco di parole, nell’associare il nome Ernest all’aggettivo earnest – onesto, franco. I tempi comici di Wilde, il suo stile irruento e le storie d’amore fanno da contorno a una pungente critica rivolta alla vacuità della società nobiliare e alto-borghese, all’arrivismo e alla falsità con cui i ceti elevati guardano il mondo e gestiscono le loro relazioni interpersonali.

Wilde è molto bravo ad amministrare il caos dettato dai rapporti all’interno della trama con una controllatissima forma apollinea, esattamente come il nonsense della vita e il sentimento del paradosso che la governa.

Ambientato nell’Inghilterra Vittoriana, il testo narra la doppia vita di John Worthing e del suo amico Algernon Moncrieff, nelle loro relazioni, nell’aulico valore che viene assegnato a nomi di persona in relazione a quello che è il significato edibile sul dizionario. Il mero superficiale senza fondata concretezza. Tutto questo in una pièce brillante, con toni e ritmo senza pause, dove Bumbury assume il significato – fittizio – di nome di persona, diventando aggettivo per indicare le scappatelle dalla città – o dalla campagna – dei protagonisti della pièce.

C’è tanto di Wilde in quest’opera, tanto da farlo rivivere ogni volta che viene riletta o rivista.

Vi lascio con questo piccolo estratto del dialogo tra i due personaggi principali all’inizio del testo.

 

Nino
(…) Volesse il cielo che ci fosse ancora qualche scemo.

Algernon
Ce ne sono.

Nino
Sarei felicissimo di fare la loro conoscenza. Di cosa parlano?

Algernon
Gli scemi? Oh, della gente spiritosa, naturalmente.

Nino
Che scemi!

Algernon
A proposito, hai detto a Guendalina la verità (…)?

Nino
Mio caro, la verità non fa parte di quelle cose che si dicono a una ragazza (…) Che strane idee hai sul modo di comportarti con una donna!

Algernon
Il solo modo di comportarsi con una donna è di farle la corte, se è bella, e di farla ad un’altra, se è brutta.

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