Nuovi autori: Il cinema e l’impegno sociale

Finché morte non ci separi

Finché morte non ci separi
Finché morte non ci separi

Questa settimana abbiamo incontrato i giovani autori del cortometraggio Finché morte non ci separi, attualmente in pre-produzione. Come abbiamo potuto vedere in anteprima dal pitch, la tematica trattata in questa pellicola è una delle più attuali e calde di questi ultimi tempi: la violenza domestica. Così, come avevamo già fatto per Be it moon, or sun, or what you please sulla medesima tematica trattata in teatro, noi di ArtPassion abbiamo voluto saperne di più. Senza svelare troppo, vi racconteremo in breve la trama per poi scoprire da dove è nata l’idea e il motivo che ha spinto una giovane autrice e uno showrunner a voler realizzare un’opera dai contenuti molto forti. Questo short movie infatti ci racconta la storia di una coppia di innamorati, dalla prima infatuazione fino alla degenerazione totale del loro rapporto, senza scadere troppo negli stereotipi spesso dettati da peccati d’inesperienza o dal non avere trascorsi simili in prima persona.

Quel che vogliamo fare è trattare questo argomento da un punto di vista nuovo, almeno per il cinema italiano”. Così esordiscono i due autori nel presentare il loro lavoro. Il film infatti non mostra direttamente scene di violenza, che vengono solo suggerite, ma porta in primo piano la devastazione emotiva e l’isolamento in cui le vittime di violenza domestica vengono rinchiuse e rimangono intrappolate.

Seppur l’argomento sia stato più volte trattato e prodotto in diverse sfumature, abbiamo voluto andare più in profondità e scoprire perché questo progetto andrebbe seriamente preso in considerazione. Prima di soffermarci sull’intervista però, vogliamo concludere ricordando quanto sia importante non solo la mera circolazione di progetti simili in concorsi a tema, che poi rischiano di restare chiusi in circoli frequentati da soli cinefili. La trasmissione di cortometraggi indipendenti con finalità sociali e d’informazione andrebbe concretamente valorizzata.

 

D: Perché avete scelto di confrontarvi con una tematica così pesante?

Siamo molto sensibili al tema della violenza domestica. Convinti che la strada intrapresa al momento dal cinema italiano nei confronti della violenza non sia costruttiva ma rischi anzi di essere controproducente, abbiamo scelto di offrire un altro punto di vista. Ci siamo distaccati dalla tendenza a mostrare scene di cruda e pura violenza per concentrarci sulla devastazione emotiva e sull’isolamento che questo tipo di tortura porta alla vittima. Schierandoci apertamente e dichiaratamente contro ogni tipo di abuso, abbiamo scelto un punto di vista parziale, nello specifico quello della vittima.

D: Dal punto di vista cinematografico, quali sono i vostri modelli?

Abbiamo scelto un genere noir ampiamente richiesto dall’argomento, e un’atmosfera onirica, che evidenzia come queste situazioni proiettino le vittime all’interno di un incubo da cui non possono uscire. La fonte d’ispirazione principale è David Lynch, sia per la sua abilità nel costruire i caratteri dei personaggi delle sue storie, partendo dalla deformazione del volto, dall’espressione tesa, quasi come una maschera che svela subito l’essenza del personaggio, sia nel gioco che fa dietro la macchina da presa, alternando nel rimo della narrazione momenti molto veloci ad altri di totale stasi, così come nel suo uso delle musiche e del silenzio.

Abbiamo scelto di raccontare tutto attraverso la donna protagonista, che mediante un flashback riesce a prendere le distanze dall’accaduto e a raccontarlo in maniera oggettiva, senza però nascondere il proprio stato emotivo. Prendendo spunto dalle suggestioni di alcune delle più belle ambientazioni di Lynch, abbiamo giocato volutamente su una scenografia tetra, che ha qualcosa da nascondere all’occhio dello spettatore. Su trucco e costume dei personaggi invece abbiamo voluto dare una netta connotazione dello stato psicologico della protagonista, legando gli stati d’animo e le situazioni all’alternanza di giochi di colore e di bianco e nero.

D: Perché un cortometraggio e non una pellicola più lunga?

Siamo convinti che la forza delle immagini che abbiamo creato non necessiti di tempi lunghi. Inoltre, il passaggio da una storia d’amore idilliaca a una situazione di dipendenza emotiva e violenza fisica può essere veramente molto rapido. I nostri spettatori saranno in grado di cogliere all’istante il dolore e la sofferenza, quindi abbiamo preferito non allungare troppo i tempi.

E soprattutto siamo dell’idea che sia più importante prendersi un momento al termine del film per riflettere; per questo un corto ci sembrava il modo migliore per inserirlo magari in cicli di proiezioni seguite da un dibattito che permetta di rendere coscienti coloro che non hanno idea di cosa significhi oppure siano stati in qualche modo ingannati dalle immagini di violenza su violenza ormai onnipresenti nella nostra tv.

D: C’è qualcosa che volete aggiungere?

Vorremmo precisare che questo film nasce dalla volontà di prendere posizione, e magari riuscire a fare la differenza, nella società di oggi, che ci sembra diretta a una degenerazione rapida e drammatica. L’obiettivo del cortometraggio è rendere chiara la solitudine, l’isolamento e la devastazione che queste situazioni creano, e di cui spesso non ci rendiamo conto valutando con superficialità alcuni segnali. Per questo motivo se qualcuno volesse proiettare il film, che sarà presto pronto, siamo a disposizione per la diffusione della pellicola.

 

Per quanti fossero interessati alla proiezione del cortometraggio, scriveteci e vi metteremo in contatto con gli autori.

Ringraziamo gli autori di Finché morte non ci separi e, con l’augurio di vedere il loro lavoro al più presto, vi invitiamo ad iscrivervi alla nostra pagina per restare aggiornati sugli sviluppi e sui prossimi articoli di ArtPassion.

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